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Di secco o di chiatto, chi poco chi troppo, dalla "A" di A-Force alla "Z" di extinZione.

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A poco più di un mese dal suo avvento, dico la mia sul nuovo evento MarvelSecret Wars. In realtà ho letto solo cinque pezzi (su mille milla usciti), ma quei cinque mi hanno fatto capire alcune cosette. Prima di tutto, se nel post di qualche tempo fa ero scettico sulla riproposta di tutti i passati eventi Marvel in una volta sola, adesso ho capito come e perché questa, a livello marketing, si è rivelata la migliore operazione degli ultimi vent'anni che la Marvel abbia portato avanti.


Il pensiero che volessero strizzare l'occhio ai nuovi lettori e allo stesso tempo ai vecchi aficionados, era più che lampante. Ma la cosa si è rivelata molto più profonda di quanto potesse sembrare inizialmente. Ho scoperto infatti che tutti quelli che conosco che hanno comprato un albo Marvel nell'ultimo mese, lo hanno fatto proprio per una questione di nostalgia nei confronti di una saga in particolare letta magari vent'anni fa, quando avevi meno pensieri di oggi. Quando (quasi) tutte le giornate te le ricordi con il sole.
Non so quanto impatto abbiano potuto avere invece sui nuovi lettori, ma i dati di vendita dell'epoca sembrano aver dato ragione alla Casa delle Idee.

A parte questo, tra le varie collane ci sono da segnalare delle buonissime idee, come non se ne leggevano da un po', e qualche sonoro tonfo nell'acqua. Tra quel che ho letto io:

A-FORCE #1
Una serie tutta dedicata alle eroine del Marvel Universe. She-Hulkè a capo di una delle isole di Battleword. Un'isola che ricorda in parte la Temiscira di Wonder Woman. I presupposti di A-Force sono buoni, ma 20 paginette sono ancora pochine. Soprattutto perché c'è giusto il tempo di veder sgarrare Ms. America che viene spedita a forza sul "Muro" (vedi Assedio su Programma Extinzione più sotto). E visto che di donne si parla, a scrivere il tutto sono
Gwendolyn Willow Wilson e Marguerite Bennett. Ai disegni, invece, il bravo Jorge Molina.
In appendice trovi lo spietato Squadron Sinister scritto da Mark Guggenheim e disegnato da Carlos Pacheco. Il team di criminali più grandi di tutti i tempi sembra ben intenzionato a prendersi il proprio pezzettino di Battleword. Anche questa sembra una robina interessante. Vedremo.
Menzione speciale, invece, per il 
1872 diJerry Duggan e Nik Virella. Nulla di che, ma è divertente vedere la versione degli eroi Marvel ai tempi della polverosa frontiera americana. Nella città di Timely ci sono lo sceriffo Steve Rogers, un Tony Starksbevazzone e tutt'altro che ricco e un misterioso assassino con un bersaglio tatuato sulla fronte (chi potrà mai essere? Mah).


Conclusioni: è presto per decretare quanto sia interessante l'albo. Ripeto che 20 paginette per ogni serie sono pochine. Ma tra tante altre, qualcosa di buono c'è. Quantomeno la sana curiosità di capire come potrebbero andare avanti la storia. Di tutte e tre le serie, via.

PROGRAMMA EXTINZIONE #1
Eccolo uno degli albi incriminati. Programma Extinzioneè la prima saga pubblicata dalla Panini dopo l'acquisizione dei diritti Marvel e ne ho un ricordo nettissimo. Sotto una cover praticamente identica a quella originale, Mark Guggenheim e Carmine Di Giandomenico portano avanti la vecchia guerra tra umani e mutanti sull'isola diGenosha, solo che ora Havok,Wolfsbane e il Capo Magistrato Andersonsono in cerca di risorse e viveri per debellare il virus che sta decimando i "mutati". Ma dovranno fare i conti con la baronessaJean Grey e un freddissimo Hank McCoy.


Nella seconda parte dell'albo una storiella né carne né pesce scritta da Pru Shen e disegnata da Ramon Bachs ambientata nel XVII secolo con protagonista Kate Bishop, mentre a seguire debutta una versione alternativa diAssedio dove Abigail Brand (character ideato da Joss Whedon per i suoi Astonishing X-Men), insieme a Leonardo da Vinci (in versione uomo vitruviano) e ad una schiera di cloni di Ciclope,è al comando dello scudo, un posto dove ti spediscono a calci se sgarri da qualche altra parte (tipo la Ms. America nel primo episodio di A-Force e la Kate Bishop della storiella precedente). Kieron Gillenscrive per i disegni diFilipe Andrade, cartoonist portoghese più a suo agio con l'illustrazione vera e propria. Io di questo Assedio, comunque, poco ci ho capito.


L'albo si chiude con L'Era di Apocalisse che in qualche modo riprende gli stessi personaggi della storica saga. Testi di Fabian Nicieza e disegni di Gerardo Sandoval. E anche qui, poco da dire. E quel poco non è bello.

Conclusioni: di tutto l'albo (che almeno è più corposo degli altri), sarei curioso di seguireProgramma Extinzione. Volente o nolente, il buon ricordo che ho della vecchia serie mi ha fatto piacere questo primo capitolo. Il resto delle storie potevano essere tranquillamente lasciatenel cassetto. Su Assedio qualcosina di buono potrebbe esserci, mentre L'Era di Apocalisse mi sembra solo un buonissimo tentativo di sprecare carta a cazzo.

ANNI DI UN FUTURO PASSATO #1
Il secondo albo mensile dedicato agli Uomini X presenta un menù che, almeno sulla carta, sembra appetitoso.
Dal glorioso, celebre ciclo Giorni di un Futuro Passato, arriva Anni di un Futuro Passato, dove Marguerite Bennett ai testi e Mike Norton ai disegni cercano di riportarci a quelle lontane, sinistre atmosfere, ipotizzando un possibile sequel ambientato qualche anno dopo.
Siamo sempre nel territorio delle Sentinelle, tra i campi di concentramento mutanti, ma questa volta oltre almanipolo di X-Men sopravvissuti nella storia di Claremont e Byrne, troviamo ancheChrissy Pryde (figlia di Kitty e prova a indovinare un po' tu di chi altro).


Nelle intenzioni della serie E is for Extinction, invece, c'è quella di voler ripercorrere e dare un seguito al floridissimo percorso tracciato anni fa da Grant Morrison. Tentativo vanificato già nel primo episodio, dove i testi di Chris Burnhammi hanno confusoe i disegni diRamon Villalobos, cartoonist che già di suo si ispira parecchio al lavoro di quelmonumento chiamatoFrank Quitely, mi hanno lasciato interdetto (se c'è qualche motivo per il quale Scott Summers appare come un camionista oltraggiato dalla vita e Emma Frost come una vecchia battona sessantenne, per poi ricomparire qualche pagina dopo con quarant'anni di meno, io non l'ho capito).

The Truck Driver& The Hooker

Curiosa, infine, la scelta di ficcare in appendice la run finale dalla serie regolare di Magneto che con tutto il resto non c'entra assolutamente nulla, se non per il fatto che descrive gli ultimi giorni del signore del magnetismo su Terra-616. Cullen Bunn però scrive liscio e i disegni dell'inglese Paul Davidson sono piacevoli (bella la cover di David Yardin).

Conclusioni: un po' di sana curiosità per Anni di un Futuro Passato e tanto sentimentalismo mi porteranno (forse) a prendere anche il secondo albo. Ma se la strada è questa, credo non finirò nemmeno di leggerlo (mi sa che in parte ch'avevi proprio ragione, Luca, ma io un tentativo dovevo farlo).

GUARDIANI DI OVUNQUE #1
Nel mondo di Battleworld, i Guardiani di Ovunque, privi del proprio leader (Star Lord e Kitty Prydesono protagonisti di in una serie a loro dedicata), vivono in una stazione spaziale nella testa di un Celestiale. Ma qualcuno non si ricorda il perché. Brian Micheal Bendis e Mike Deodato jr.mettonoAngela (ora nel corpo di vigilanza dei Thors) sulle tracce della fuorilegge Gamora. E pur di trovarla è disposta a suonarle a Drax. In suo soccorso arrivano la stessa Gamora eRocket Raccoon. Nel secondo episodio si riprendono invece le fila della Saga di Korvac, vecchia e celebre run vendicativa di fine anni '70. Gli abitanti di Forest Hills, regno di Michael Korvac, si stanno inspiegabilmente trasformando in mostri e tocca ai Guardiani 3000fare luce sulla questione. Dan Abnett scrive e Otto Schmidt disegna.


Conclusioni:Guardiani di Ovunque sembra interessante. Merito anche di un Mike Deodato jr. in splendida forma (curiosa la sua scansione della tavola), anche se sembra trarre sempre più ispirazione da software tipoPoser.  E contro ogni aspettativa, sembra interessante anche la Saga di Korvac. Menzione d'onore per quel fine "pin-upparo" di Otto Schmidt (le cui prelibatezze ti avevo mostrato QUI) che per la prima volta vedo all'opera su tavole a fumetti complete.

IL GUANTO DELL'INFINITO #1
Te lo dico subito: questo albo vince a mani basse. E il merito va indubbiamente alle 64 pagine che raccolgono i primi due episodi de Il Guanto dell'Infinito(ispirata all'omonima miniserie del 1991), scritti da Gerry Duggan e illustrati a meraviglia da Dustin Weaver (che ha collaborato anche alla sceneggiatura).
E' una storiadi pura fantascienza post-apocalittica ambientata tra lerovine di New Xandar, dove si segue il destino di una famiglia allo sbando e in fuga e dove assiteremo allariformazione dei Nova Corps (creduti estinti dopo un terribile massacro) e all'imperioso ritorno diThanos.

In appendice, direttamente dalla serieGuardians Team-Up, un divertente incontro/scontro tra GamoraeShe-Hulk, scritto da John Layman e disegnato di nuovo da Otto Schmidt.

Aaah, Signora mia, Dustin Weaver...

Conclusioni: sarà che mostra situazioni fuori dall'ordinario per una serie di supereroi o perchéè scritta bene e basta o ancora per lo squisito tratto europeo di Weaver (arricchito da una colorazione pertinente e delicatissima), ma a me Il Guanto dell'Infinitoè piaciuto proprio un botto (beccati qualche tavola direttamente dal tumblr di Weaver). Peccato solo che dal secondo numero lo spazio a disposizione si restringe per far posto alla serie StarLord and Kitty Pryde.

Conclusioni delle Conclusioni: come dicevo all'inizio, carine e interessanti certe cose, assolutamente trascurabili altre. Senza troppe vie di mezzo. A tutte e cinque queste serie darò probabilmente una seconda chance. Di sicuro vince, per ora, il lato più sci-fi della Marvel con le serie "galattiche" (e meno male, mi vien da dire). In particolare, nel caso non si fosse capito, Il Guanto dell'Infinito vince. E con lui Dustin "super" Weaver.

Justified. E cinque. Tanti casini, un filo meno tesa, ma bella come tutte.

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Ahh. Che serie, Justified. Dalla visione della quarta stagione (di cui ti ho parlato qui) è passato un po' di tempo. Fin troppo. Ma alla fin fine non è che possa star lì ad aspettare chissà cosa e sono quindi tornato a solcare le strade del Kentucky per continuare il discorso lasciato in sospeso.
Ho fatto una pausa perché volevo centellinare gli episodi in vista della sesta e ultima stagione che lascerà di sicuro un profondissimo vuoto.

Avevamo lasciato il marshal Raylan Givens sul filo del rasoio. Un uomo dai contorni sempre più sfocati, sempre più in bilico tra bene e male.
In questa 5a stagione succedono un sacco di cose. La trama porta avanti una matassa abbastanza intricata con tre o quattro situazioni che si incrociano a dovere e con la stessa solita leggiadria. Sottotrame, tra l'altro, che quasi possono essere seguite indipendentemente una dall'altra per tornare poi, solo alla fine, su un unico binario.


Raylan ha lasciato in Florida una ex moglie e una bimba di pochi mesi con la promessa di passare a trovarle quanto prima. Difficile per lui conciliare l'uomo cresciuto nel freddo distacco paterno con il ruolo di padre che da quel momento in avanti dovrebbe ricoprire. Il rapporto con la ex non è mai stato saldato e quindi ci scappa anche il tempo per una nuova fiamma. Per non parlare dei problemi con Art Mullen, il capo, derivati proprio dal suo modo sempre più libertino di applicare e interpretare la legge.


Dall'altro lato Boyd Crowder ha visto sfumare sempre di più il suo piccolo impero criminale per colpa di "benemeriti" cittadini che hanno voluto mettere a freno il suo potere perché non compatibile con il loro. Tra esponenti di spicco della dixie mafia di Miami, il cartello della mala messicana e vecchie conoscenze, a Boyd non resta altro che cercare di fare il "salto"oltrepassando l'estremo confine a sud degli Stati Uniti per cercare nuove strade percorribili.


Altra protagonista è Ava Crowder, la moglie di Boyd, che si vede relegata tra le sbarre del penitenziario di Stato dopoi pasticci e i misfatti della precedente stagione. Come si sa, la vita in carcere può essere parecchio dura. E quella in un carcere femminile sembra pure peggio. Tra droga, guardie pervertite, detenute naziste e fanatiche religiose, non sai dove voltare la testa.


A complicare il tutto, ad Harlan arrivano anche iCrowe al gran completo, temibile famiglia fino a quel momento rintanata nelle paludi del sud della Florida a cacciare coccodrilli, ma con le mani luride e impantanate in bel altri affari. Darryl jr.,Danny, Dilly, Wendy, il giovane Kendal e il cajunJean Baptistesono quindi lo stuolo di sconsiderati personaggi di turno addetti a portare "aria fresca" in città.
E sarà anche per colpa loro che Raylan dovrà di nuovo decidere se scendere a compromessi e sfiorare con mano il lato oscuro della forza.

La spietata, rancorosa faccia di Raylan nel tête-à-tête finale.

Tra le facce nuove, sono da segnalareil bravo Michael Rapaport (Il Sesto Giorno, Corpi da Reato, Boston Public, Prison Break) e la bella Alicia Witt (88 Minuti, The Walking Dead).
Tra quelle vecchie, a parte i soliti Timothy Olyphant e Walton Goggins sempre più in parte, anche il mefistofelico Jere Burns che con il suo personaggio, Wynn Duffy, sgomita e trova adesso un po' più di spazio.

Rispetto alle precedenti, questa quinta stagione è meno tesa. E i "cattivi", per quanto ben caratterizzati, sono forse meno spaventosi (peccato per il cajun Jean Baptiste, character parecchio interessante che avrebbe meritato di essere approfondito molto di più). Ma come al solitotuttoè organizzato a meraviglia con dei tempi narrativi davvero ispirati.
Il finale appare scontato, forse, ma con un buon cliffhanger che spiana la strada con ampio anticipo alla gigantesca, inevitabile chiusura prevista per la prossima e ultima stagione.









Matteo Berton

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Matteo Bertonè un illustratore pisano che vive e lavora a Bologna. I suoi progetti arricchiscono riviste, campagne pubblicitarie, fumetti e libri per bambini. Il suo stile, attento a sintesi e forme, è caratterizzato prima di tutto da un approccio delicato e da un meraviglioso senso della composizione. Le sue operesono state premiate con la Gold e la Silver MedaldallaSociety of IllustratorsdiNew Yorke selezionatedall'American Illustrator e dalla Fiera del Libro di Bologna. QUI trovi il suo sito web e QUI il suo tumblr.


















Mark XenoSchultz

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Qualche tempo fa l'Editoriale Cosmo ha annunciato sulla sua pagina facebook che dal 19 febbraio sarebbe stato distribuito in tutte le edicole il primo volume (di due) con la bellissima miniserie in bianco e nero Xenozoic di Mark Schultz. In molti saranno stati presi dalla nostalgia per via della serie animataCadillacs and Dinosaursdel 1993 o per l'omonimo videogioco.
Io l'albo in questione non l'ho ancora visto. Ma appena ci metto le mani sopra, me lo porto a casacorrendo. E questo per un paio di motivi buoni.

Motivo buono numero 1: La storia.
Ambientato tra le lande selvaggedi un ipotetico futuropost-apocalitticodove dinosaurie creaturepreistorichecoesistonocon gli esseri umaniXenozoic!è una miniserie a fumettiscritta e disegnato da un genio chiamatoMarkSchultz a partire dal 1986. A questa seguì, più o meno un anno dopo, la serie regolare XenozoicTalesdurata14 numeri e ristampata da diversi editori, tra i quali laKitchen SinkPress,la Marvele la Dark Horse.
Insomma, dinosauri, auto americane vecchio stile, azione, mistero, avventura, mazzate e sparatorie. Cosa chiedere di più?


Motivo buono numero 2: MarkSchultz.
Americano classe 1955, Schultzèstato (ed è ancora oggi) uno scrittore, sceneggiatore, disegnatore e illustratore di fumettielibri. Nel corso degli anni ha lavorato con le major americane (Kitchen Sink, Dark Horse, Marvel e DC Comics), ma la sua operapiùriconosciutarimane proprioXenozoic, mentre attualmente è l'autore delle strisce diPrinceValiant.


Influenzata da esponenti della scuola classica (Neal Adams su tutti), l'arte a fumetti di Mark Schultzè cosa nota, così come l'influenza che a sua volta ha avuto su tanti cartoonist attualmente all'opera negli Stati Uniti. Non è un disegnatore molto prolifico, visto che la maggior parte dei suoi ultimissimi lavori l'ha firmata come sceneggiatore o cover artist. Questo probabilmente ha inciso sulla sua notorietà in quanto negli ultimi anni, a mio avviso, è rimasto fuori dai riflettori e ingiustamente dimenticato (un po' come fu per il Dave Stevens di Rocketeer, se vogliamo azzardare un paragone).
Quindi, giusto perché tu sappia come stanno le cose e per non dimenticare di chi stiamo parlando, ti propongo qui sotto una galleria dei suoi lavori più belli (lustrati gli occhi, ma prima togliti il cappello).






















Blue Note Jazz Collection

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Se la DeAgostini torna all'attacco con una nuova collection da edicola, vuol dire che il jazz conta più proseliti (occasionali e non) di quanti potessi immaginare.E' terminata infatti nemmeno da un semestrela meravigliosa raccolta degli album in vinile orchestrataappunto dall'editore spagnolo (te ne ho parlatobenquattro anni fa, all'inizio di quel percorso).
Una bella operazione pensata bene, quella, la cui unica pecca, secondo chi scrive, stava in parte nella scelta dei titoli pubblicati che troppo spesso davano spazio ad album piacioni e di richiamo (tra orchestre e voce femminili) tenendo a debita distanza invece certi pezzi fondamentali (nessun album di Hank Mobley, tanto per dire, solo due di Miles Davis e solo uno per gente come John Coltrane,Horace Silver o Herbie Hancock).

La nuova iniziativa da edicola, invece, è Blue Note Jazz Collection, una raccolta in CD come ce ne sono state a decine negli ultimi trent'anni, ma che mette insieme il meglio del catalogo Blue Note. Almeno per quanto riguarda i nomi coinvolti, quindi, la cosa sembra destinata ad essere organizzata con un minimo di cognizione in più.


Nelle prime venti uscite, ad esempio, ci trovi i soliti nomi di richiamo, da Miles Davis a John Coltrane, da Herbie Hancock a Sonny Rollins, ma anche Art Blakey con i Jazz Messengers, Wayne Shorter, Bud Powell, Horace Silver, Thelonious Monk, Dexter Gordon, Jackie McLean, Freddie Hubbard, Lee Morgan, Kenny Burrelle McCoy Tyner per poi passare a nomi che di solito sono meno sbandierati come Ornette Coleman, Jimmy Smith, Curtis Fuller (ullallà!) eJoe Henderson. Se ti interessa, il piano dell'opera lo trovi QUI.
"Il mito leggendario della Blue Note in un'unica collezione di volumi e cd. La storia del Jazz e dei suoi protagonisti, le esecuzioni, le performance e le sperimentazioni che hanno creato la leggenda di una delle più importanti etichette discografiche della storia della musica."
La cosa "carina"è che ad ogni CD sarà allegato un volumetto monografico da 32 pagine con biografia, discografia, note e foto d'epoca.



La cosa un po' così, invece, è che come tutte le collection "con il meglio di...", ti finisce tra le mani un CD con sei pezzi messi insieme da qualcuno che crede che quello sia appunto "il meglio di...", mentre spesso si genera una scaletta disomogenea che rischia di "stonare" l'ascoltatore occasionale. Sul primo di Miles Davis (che potrebbe pure andare bene) ci trovi: Autumn Leaves, Dear Old Stockholm, Yesterdays, Tempus Fugit, It Never Entered My Mind e How Deep is the Ocean (tutti arraffati di peso dalle meravigliose raccolteMiles Davis Volume 1 & 2 che la Blue Note pubblicò già nel 1955).

Per chi mastica tantissimo, direi che l'opera in sé è ampiamente da lasciare in edicola. Per me che mastico un bel pochetto, potrei giusto dare un occhio al primo volume per capire di che tenore sono questi contributi scritti (ma anche no). Per te che sei sempre rimasto a digiuno ma che hai sempre quella cosa lì che prima o poi vorresti farti una cultura sul genere, questa potrebbe essere una discreta occasione.
Meglio di un calcio nelle pupille, in ogni caso, visto che la prima uscita ti toglie dalle tasche 4,90 euro e le successive 9 e qualcosa.








Kim Jung "Dio Santo" Gi

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Di Kim Jung-Gi (sud Corea, 1975) ti ho già parlato QUI e QUI. Inutile quindi che io spenda altre parole per descrivere questo mostro senza ritegno. Qui sotto trovi tanti bei disegni e un paio di quei suoi video che ti fanno passar la voglia di toccare una penna anche solo per stilare la lista della spesa (il secondo video, se non erro, dovrebbe essere quello realizzato da ospite allaLucca Comics & Games dell'anno scorso). EQUI trovi il suo sito.























Di strisce divertenti e autorevoli, seducenti donne gatto a Roma, uomini giganti, passionevoli contee e colline italiane.

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Ultimamente ne ho approfittato per sfoltire quella pila instabile sul comodino fatta di cose belle a fumetti che tieni da parte chissà perché, mentre dai la precedenza a cose trascurabili. Quasi come se volessi tenerle per tempi migliori (come in guerra). Tra queste, come da programma, sono venute fuori letture interessanti o divertenti che mi sono goduto parecchio, ma anche autentiche gemme da ricordare (Essex County su tutti).

MACANUDO vol. 5
di Liniers | Double Shot
22x22 cm | 96 pp. a colori | 14,90 euro


Avevo ordinato questo quinto volume all'epoca in cui la Double Shot stava chiudendo i battenti. Me ne ero qu
asi dimenticato, se non che, a sorpresa, me lo sono visto recapitare tra le mani a due anni di distanza (forse perché l'anno scorso l'etichetta editrice è tornata in libreria dopo una campagna in crowdfunding)
. Quel che importa è che Macanudo esista ancora.Macanudoè un classico moderno. Una delle strisce più belle degli ultimi vent'anni. E l'argentino Liniers (Ricardo Siri Liniers) ne è l'interprete raffinato e sensibile. Il bello di Macanudoè che non esiste una regola. Al suointerno come protagonisti puoi trovare gente qualunque, ma anche Olga l'amico immaginario, Enrichetta e il gatto Fellini, Oliviero lʼolivetta, storie di Folletti e Pinguini, le ordinarie avventure di Picasso, quelle del misterioso Uomo in Nero e le chicche quotidiane dello stesso Liners.

"Anche Stephen King ha gli incubi..."

Si tratta appunto di strisce profonde e tenere al tempo stesso, e soprattuttodivertenti, capaci di mettere alla berlina i grandi dubbi dell'uomo ma soprattutto, in un atto di sconsiderevole fede per l'amore e la positività, le cose belle dell'essere umano. Avercene.
Un quinto volume incantevole (a partire dalla prima e quarta di copertina), come i suoi quattro predecessori.

CATWOMAN - VACANZE ROMANE 
Di Jeph Loeb e Tim Sale | Edizioni RW 
16,8x25,6 cm | 160 pp. a colori | 14,95 euro 

Per quanto mi riguarda, esistono solo un paio di buone interpretazioni di Selina Kyle.
Una è quella di Ed Brubaker e Darwyn Cooke, giovane, dinamica  e moderna, mentre l’altra è quella sanguigna e seducente come una diva di Hollywood ritratta dall’affiatata coppia composta da Jeph Loeb e Tim Sale. EVacanze Romaneè un piccolo gioiellino dove Selina sarà costretta a tornare in Italia, addirittura alla ricerca delle proprie origini. Per farlo, si porterà dietro Edward Nigma e al loro arrivo a Roma saranno gentilmente affiancati da Christopher Castelli (detto “Il Biondo”), aitante uomo di fiducia del noto boss locale Don Verrini.Tra misteriosi sogni con Batman come protagonista e la ricerca di notizie su Carmine Falcone, Selina dovrà capire quanto siano fondate certe voci sulle sue origini italiane.


Il volume delle Edizioni RW raccoglie l’intera miniserie in sei capitoli, una lettura veloce e interessante infarcita da una buona trama, dialoghi taglienti e qualche trovata interessante. Le tavole di Tim Sale sono potenti e dinamiche come al solito, ma allo stesso tempo il suo stile non risulta mai fuori dalle righe (non ha certo bisogno di trovate d'effetto), nonostante la spiccata predisposizione dell'autore per certi volti e posture caricaturali.

Viene fuori prima di tutto il fascino di un character che qui sembra ampiamente reggere le redini di protagonista, una femme fatale che giustamente attira su di sé tutte le luci dei riflettori e resa ancora più seducente perché messa a forza fuori dal proprio contesto (Gotham), per essere immersa in una terra ricca di fascino e di mistero (ovvero l’Italia, così come la vedono gli "ammerrigani").
Se ti sono piaciuti Batman: Il Lungo Halloween e Batman: Vittoria Oscura, Vacanze Romaneè un tassello importante che si regge sugli stessi eventi, ma con più leggerezza. Gran bel volume.

3 PIANI
LA STORIA SEGRETA DELL'UOMO GIGANTE

di Matt Kindt | Panini 9L
14,5x20,8 cm | 192 pp. a colori | 19 Euro

Matt Kindt ci narra la triste storia di Craig Pressgang, un ragazzo americano che già in tenera età, per via della sua insolita altezza, diventa una celebrità finendo sulle prime pagine di tutti i giornali. Il corpo di Craig affronta un’incredibile crescita contro natura che non sembra volersi arrestare e che ad appena 8 anni lo porta a sfiorare i due metri e settanta. Ma sono ancora poca cosa rispetto al gigante vero e proprio che Craig sarà destinato a diventare.Al di là di un’infanzia passata sotto la luce dei riflettori e del rapporto con gli altri (con sua madre e la sua prima ragazza, in particolare) il protagonista dovrà fare i conti con un’America degli anni '50 e '60 che registra i suoi avvistamenti in giro per gli Stati Uniti come si trattasse dello Yeti.Ma Craig diventerà un simbolo per le persone della sua comunità che lo saluteranno come un eroe, ignorando che i problemi causati dalla straniante crescita, mettono continuamente a rischio la sua vita.


Il rapporto con il mondo esterno, con la sua famiglia e con la quotidianità, le proposte segrete del Governo e i sovvenzionamenti statali per permettere a Craig di vivere una vita apparentemente normale, almeno di facciata.
Sono questi gli elementi di 3 Piani, La Storia Segreta dell'Uomo Gigante, una delicata storia triste (perché E' triste) scritta e disegnata daMatt Kindt, che qui gioca equamente tra la paura del diverso e la stretta feroce della solitudine e dell'isolamento.

ESSEX COUNTY
I FANTASMI DELLA MEMORIA

di Jeff Lemire | Panini 9L
15x23 cm | 512 pp. a colori | 29 euro

Come autore completo, di Jeff Lemire avevo letto soltanto Signor Nessuno. In tanti mi avevano parlato di Essex County, tanto da costringermi a prenderlo per riporlo poi nella pila di cose da leggere. Solo per quest’opera Lemire ha vinto diversi premi, tra Canada e Stati Uniti.E dopo averlo letto tutto d’un fiato, non posso che approvare. E’ vero il fatto che devi scendere a compromessi con il suo stile grafico. Il suo tratto è sanguigno e nervoso, non bada certo ai particolari e mette in campo lo stretto necessario. Esattamente quel che serve, nulla di più, nulla di meno.

Se da una parte quindi le primissime tavole in bianco e nero possono ispirare poco (se non pochissimo), dopo poco sei talmente preso dalla lettura da renderti conto che il suo tratto esprime esattamente ciò che è necessario.
A dispetto della sintesi grafica, infatti, narrativamente Essex County, e lo dico senza timore di esagerare, ha il respiro di un grande romanzo americano.


In quasi 500 pagine, il volume raccoglie diverse storie (pubblicate in origine separatamente), tutte ambientate nella piccola e sonnolenta contea canadese di Essex, in Ontario (dove Lemireè effettivamente nato e cresciuto).
Si tratta di storie profondamente intimistiche che parlano di vita reale, tra sogni, disgrazie, segreti e bugie. Ma l'essenza nella vita di questi personaggi realistici, sta anche e soprattutto nella mancanza di una figura di riferimento e nell'incapacità di relazionarsi tra loro, nonostante le loro vicende siano collegate l'una all'altra da un sottile filo invisibile che passa attraverso generazioni familiari e epoche diverse, dall'inizio del '900 ad oggi.


Tenendo conto anche del fatto che in Patria è stato indicato come uno dei romanzi canadesi essenziali dello scorso decennio, Essex Countyè un'opera quasi seminale per capire come si è mosso e come si sta muovendo il fumetto americano lontano dal mainstream, dopo le storiche provocazioni autoriali della vecchia guardia (gente come Daniel Clowes, Chris Ware, SethoChester Brown).Se ti piacciono le grandi storie che parlano di persone, quindi, in un modo o nell'altro dovresti leggerlo. Una storia a fumetti così intensa non mi passava sotto gli occhi da parecchio tempo.

COME PRIMA
di Alfred | Bao Publishing
16x26 cm | 224 pp. a colori | 19 euro

Come Prima narra di un meraviglioso viaggio che parte dallaFrancia per approdare inItalia. Ma in realtà è anche un viaggio di tutt'altro tipo.Fabio e Giovanni sono fratelli, ma non si vedevano da oltre vent’anni, da quando cioè Fabio lasciò il proprio paesello inseguendo degli ideali sbagliati, convinto che andare in Africa tra le schiere armate di Mussolini potesse cambiare davvero la sua vita.

Da allora non si è mai più guardato indietro né mai è stato cercato da parenti e vecchi amici. Lo ritroverà proprio Giovanni che dovrà convincerlo a tornare a casa per risolvere le problematiche legate ad una triste dipartita.
Tra colline e frontiere, immersi in un'atmosfera che sa anche di commedia all'italiana anni '50, i due fratelli continueranno a nascondere segreti e a difendere bugie, tra rimorsi e sensi di colpa, consci del fatto che a casa ci sarà ad attenderli una vita nuova, completamente diversa.


Una felice e profonda riflessione sul ritrovarsi, insomma, e unviaggio dal passato al presente alla perenne ricerca di se stessi.
Il francese classe '76 Alfred (al secolo, Lionel Papagalli) è un signor autore completo le cuidoti narrative sono ampiamente fuori discussione, viste anche le sue opere precedenti. Ma qui lascia di stucco la sua capacità di entrare in una storia in modo tanto viscerale (esemplare come sembri conoscere l'Italia e gli italiani molto più di tanti altri autori nati e cresciuti qui).
Graficamente, invece, che te lo dico a fare? Alfredè un fine sperimentatore e non si ferma alle prime soluzioni di comodo.Bellissime le sue panoramiche e meraviglioso il suo approccio ai diversi stili che scandiscono i differentimomenti della storia.


C'è una sequenza di tavole, in particolare (qui sopra un estratto), che mostra tutta la sua sensibilità e una cifra stilistica dal taglio molto cinematografico. Eh, si. Anche questo è un bel volume da leggere. Caldamente consigliato.

Il Fantasy di Josh Kirby

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Nato e cresciuto a Waterloo, paesino della periferia di Liverpool, RonaldWilliam"Josh"Kirby(no, prima che tu me lo chieda, non c'è nessuna parentela) era un illustratore inglese noto oggi soprattutto per aver interpretato, a partire dalla metà degli anni '80, le copertine dei più acclamati romanzi di fantascienza e, in particolare, tutte quelle della saga Discworlddi Terry Pratchett.
Oltre 400 dipinti a olio, tra cover e locandine cinematografiche, che hanno arricchito i lavori di
Ian Fleming, RayBradbury,IsaacAsimov, Alfred Hitchcock, RichardMatheson,Jack Kerouac, JulesVerne, Edgar RiceBurroughse H.G.Wells.

In realtà Kirbynegli anni '70 lavorava in un'agenzia di pubblicitàcome designer. Fu solo alla fine di quel decennio, nel 1979, che realizzò la sua prima illustrazione importante per ilBrian di Nazareth deiMontyPython. La sua carriera spiccò il volo qualche tempo dopo quando, tra le altre cose, disegnò anche la locandina diStar Wars VI: Il Ritorno dello Jedi.


Nel 1991L'editore inglesePaper Tiger Books, specializzato nella pubblicazione di libri d'arte, portfolio e affini,pubblicòun volume dedicato a Kirby che raccoglieva alcuni suoi lavori, tra commissionati e privati, intitolatoIn the Garden of Unearthly Delights(in riferimento al Giardino delle Delizie di Hieronymus Bosch). A questo, nel 1999, seguìun secondo libro,ACosmicCornucopia, che comprendevaun'ampia selezione di lavori per il Discworld di Pratchett, corredata da un lungotestocritico dello scrittoreDavidLangford.


Entrambi i volumi (qui sopra le due cover) mettono in risalto quanto il lavoro di Kirby fosse affine alle tematiche fantastiche, dove adattava al fantasy uno stile più rotondo e caricaturale, mentre allafantascienza classica applicava una matrice molto più realistica. Come si evince anche dalla ricca galleria che ti piazzo qui sotto (clicca per ingrandire).























Le Sabbie di Marte di Arthur Clarke

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Quando si parla di Sir Arthur Charles Clarkeè sempre indispensabile una premessa. La sua è una fantascienza d'avanguardia, meticolosa e attenta soprattutto all'aspetto scientifico. Le storie di Clarke, anche quelle agli inizi della sua carriera (alla fine degli anni '40) non sono mai banali né hanno mai battuto percorsi facili. Forse anche per questo allo scrittore inglese è stato più volte criticato uno scarno approfondimento psicologico dei vari personaggi.
In buona parteè certamente cosa ingiusta. Clarke infatti scrive dell'uomo nell'accezione più pura del termine cercando diimmaginare prima di tutto le grandi epoche che potrebbero proiettarlo nel futuro. Quelle della svolta, del cambiamento. Nel farlo si è notoriamente spinto più in là dei suoi colleghi, insomma, ma a dispetto delle sue storie, sempre rimanendo con i piedi ben piantati a terra.

Le Sabbie di Marte non fa eccezione. Nonostante sia una delle sue prime opere (fu pubblicata per la prima volta nel lontano 1951),in questo romanzo Clarke anticipa i temi importanti della colonizzazione"extraterrestre" e pone le basi per un certo standard che da quel momento in poi verrà assorbito a meraviglia dal genere letterario.
Non c'è posto per fronzoli o ammennicoli, né per avventurieri spaziali o viaggi nel tempo (a parte rari casi), ma solo per un rigore scientifico e una passione smisurata nella ricerca di possibili e realistiche risposte.


Martin Gibson, il protagonista del libro, è uno scrittore e un giornalista. L'editore per il quale lavora gli commissiona una serie di articoli sulla vita dei coloni del pianeta rosso e dopo essersi imbarcato sulla Ares, sbarca su Marte.Martin comincia così la sua personale indagine, che coinvolgerà tanto ilPresidente di Marte quanto i semplici coloni, che lo porterà a capire perché nonostante le condizioni avverse, chi ha messo piede sul pianeta rosso difficilmente è poi tornato sulla Terra. Per tacere del fatto che ogni anno aumentano invece le richieste dei "terrestri"che vogliono trasferirsi su Marte.

In tutto questo c'è spazio per le relazioni con i suoi compagni di viaggio, con le alte cariche di Marte e con la comunità scientifica che sta cercando di migliorare la vita dei coloni in ottica futura. C'è un misterioso progetto su cui investigare (scoperta scientifica o mossa ostile verso una Terra che si è dimenticata dei coloni?) e la ricerca di una forma di vita marziana. E anche una parentesi "familiare" dove Martin ripercorrerà il proprio passato per poi incrociare i propri passi, contro tutti i calcoli delle probabilità, con quelli di un giovane di belle speranze.


Questo è Le Sabbie di Marte. Un romanzo semplice e intimo senza nessuna particolare velleità se non quella di raccontare, nel modo più semplice possibile, dubbi e timori dell'uomo alle soglie di una nuova era.
Gli stessi dubbi e gli stessi timori, e non è certo un caso, che provarono all'epocai primi pionieri della frontiera nel lontano ovest americano.

Te ne avevo parlato un po' di tempo fa (QUI), perché Le Sabbie di Marteè stato il romanzo che ha inaugurato(a un anno appena dalla sua pubblicazione originale) la collana Urania in quel lontano 1952. Ed è stato ripubblicato otto mesi fa circa, in occasione del 150° numero della serieUrania Collezione. Oggi come allora è assurdo pensare che un romanzo così anticipatore rispetto a certe tematiche, sia stato scritto la bellezza di sessantacinque anni fa.


Da La sentinella (racconto dal quale Stanley Kubrick trasse il suo 2001: Odissea nello Spazio e al quale seguì una celebre quadrilogia pubblicata tra il 1968 e il 1997) a La Città e le Stelle (1956), da Le Guide del Tramonto (1953) a Le Fontane del Paradiso (1979), passando per il ciclo di Rama in quattro romanzi (1973-1993) e la nota raccolta di racconti Spedizione di Soccorso, Arthur Charles Clarkeè stato autore di indiscussa fama che ha donato al genere sci-fi alcune delle migliori opere letterarie tuttora in circolazione, anticipando i temi moderni del viaggio e dell'esplorazione spaziale.

Di deserti dipinti, Ere xenozoiche in bianco e nero e affascinanti piratesse

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TEX - PAINTED DESERT
di M. Boselli, A. Stano | Sergio Bonelli Editore
48 pp. a colori | 8,90 euro

Arrivati al terzo appuntamento con I Romanzi a Fumetti, la collana sembra essere ridimensionata negli intenti per via di una storia che nulla possiede delle sperimentazioni grafiche e narrative dei due numeri precedenti.
Mauro Boselli scrive una storia piacevole che si fa leggere anche volentieri ma che sarebbe andata bene anche se collocata altrove. Angelo Stano disegna molto bene e colora anche meglio. Curioso vederlo all'opera su qualcosa che non sia Dylan Dog (così come nel recente speciale "Le Storie"Mohawk River sempre in coppia con Boselli). Si diverte e si vede, ma non riesce a straripare oltre una canonica e rigida gabbia fatta di tante belle vignettine tutte ordinate. Non che sia un male, beninteso, ma la cosa non fa che accentuare quella sensazione di "ordinario" che accompagna tutte le tavole (in ogni caso, però, belle le strisce più orizzontali)

"Lo sceriffo Nelson è stato abbandonato nel Deserto Dipinto, tra i corpi dei suoi vice, uccisi dai fuorilegge di Earl Crane, rapitore di sua moglie Debra. Per sua fortuna, sulle tracce dei banditi ci sono anche Tex e Tiger, diretti verso il sinistro pueblo di Sombra Verde con i suoi inquietanti segreti..."
Tra i difetti più evidenti, una masnada di fuorilegge appenna tratteggiata che non lascia il segno e una "situazione" che con tutta la buona volontà non ho proprio digerito (ma qui potrei essere io a non aver capito): la moglie dello sceriffo Nelsonè impazzita? Se si, perché? Davvero per via il sole cocente sulla testa? Oppure è stata convinta a collaborare? E con quali argomenti? Perché quando esce di scena nessuno fa una piega?


Spero vivamente, insomma, che si tratti di un numero di passaggio e che non ci si assesti su questo standard. I Tex a colori nel formato alla francese sono un'occasione troppo importante da vanificare con storie troppo "regolari". Anche perché spendere 9 euro (prezzo comunque basso) solo perché il volume è grande e cartonato non mi sembra proprio il caso.

XENOZOIC #1
di Mark Schultz | Editoriale Cosmo 
192 pp. B/N | 5,90 euro

Te ne ho ampiamente parlato qui prima di leggerlo. Adesso che l'ho pure letto mi sento di poter dire che le attese non sono stato affatto deluse.
Forse non è "uno dei massimi capolavori del fumetto americano" come ha scritto la Cosmo un po' ovunque, ma c'è da dire che Xenozoic si legge che è una meraviglia. L'innegabile merito va al suo autore unico, Mark Schultz, che è stato in grado di realizzare una serie godibile che all'epoca (e anche oltre) appassionò una larga fetta di pubblico nonostante i temi trattati fossero ben distanti da quelliclassici dei supereroi. Xenozoic presenta le storie di Jack Tenrecburbero e tenace meccanico animato da un forte spirito ambientalista e dall'ambasciatrice della tribù wassonHannah Dundee. I due, insieme a quel che resta dell'umanità, vivono appunto in un mondo dove la vegetazione ha voracemente inghiottito le tracce della "moderna" società e dove la natura primordiale ha preso nuovamente il sopravvento.


Il compito di Jack e Hannahè quello di cercare di rendere vivibile la propria Era (difficile a dirsi, dove non puoi allontanarti troppo da casa per il timore di incontrare un tirannosauro o anche peggio), continuando a rispettarela natura imperante che li circonda.
"In un lontano futuro, per salvarsi dall'inquinamento che ha distrutto la Terra l'umanità ha costruito città sotterranee mentre in superficie si è ricomposto un nuovo ecosistema… e sono tornati i dinosauri. Xenozoic racconta le avventure del meccanico Jack Tenrec e della bella scienziata Hannah Dundee."
Detto questo, ho trovato interessante la suddivisione in storie brevi da 8/9 pagine o più. Questo perché la serie originale era ospitata in appendice alla rivistaantologica Death Rattle, guadagnando sempre più spazio con il tempo e l'apprezzamento dei lettori. Grazie anche ad una serie di trame per nulla scontate che con una certa maestria riuscivano ad adattarsia meraviglia alle poche pagine a disposizione.
E se da una parte il tratto di Schultz nelle fasi iniziali appare più acerbo e grezzo rispetto a quello ben noto oggi, dall'altra si assiste, già all'interno di questo primo albo, ad una crescita stilistica strepitosa che con il passare degli episodi arriva a farti letteralmente lustrare gli occhi (stile raymondiano, solo meno classico e molto più particolareggiato).


Quella di pubblicare Xenozoic (in piccola parte già serializzato sull'Eternauta della Comic Art negli anni '90) è stata una delle idee migliori della Cosmo. Mi chiedo soltanto se c'è l'intenzione di andare poi avanti con la strepitosa miniserie in 14 numeri Xenozoic Tales! che all'epoca consacrò Schultz in modo definitivo come uno degli autori di comics più interessanti in circolazione.

TAO BANG
di Vatine, Pecqueur, Cassegrain, Blanchard
Edizioni BD| 96 pp. a colori | 15,00 euro

Scritto (non so in quale ordine) da Olivier Vatinee Daniel Pecqueure disegnato e colorato da quel grandeincesellatore di forme femminili di DidierCassegrain (aiutato daFredBlanchard a non so fare cosa), Tao Bangè una spensierata storia d'avventura in due parti pubblicata tra il '98 e il '99 dalla Delcourt e qui da noi dalle Edizioni BD nell'ormai lontano2006.
Ilvolume va osservato con dovizia e cura per via dell'estro grafico di Cassegrain che riesce a forgiare un tratto umoristico intriso di realismo (come nella migliore tradizione franco belga, tra l'altro) e va letto perché è una meravigliosa storia d'avventura senza troppe pretese.


"Ellora, titolare della Marea Galante, casa di piacere di Port-Xarnath, incarica due avanzi di galera, il vecchio Kesh e il giovane Kirin, di trovare la misteriosa Isola delle Sirene e di rapire alcune indigene per rilanciare la propriaattività.
A loro si uniranno il barbaro Norden ele fatali amazzoni di Tao Bang!"
Al suo interno troverai quindi una bellissima e sensuale protagonista (Tao Bang, appunto, dal profilo esoticamentecortomaltesiano, come puoi vedere qui sotto),uno stuolo di meravigliose piratesse, mostri acquatici di ogni foggia e dimensione, scenari fantastici, isole misteriose, navi da guerra e battaglie aeree a cavallo di pterodattili.
Un'incantevole e divertente storia d’avventura e basta, come dicevo. Senza "se" e senza "ma".Ideale da ficcare in mezzo a mille altre cose serie.

Graphic Means, a history of graphic design production

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Sono passati circa trent'annida quandoildesktopcomputer ha rivoluzionatoil modo di fare graphic design.Perdecenni questo lavoro è stato affidato a lavoratorioperosi e creativi che dovevano ingegnarsi potendo contare solo sull'aiuto di testa e mani. Prima insomma che le "macchine", oggi alla portata di tutti, cambiassero il concetto stesso di questa industria.

Il documentarioGraphic Means,
attualmente in lavorazione, esploreràla produzionegrafica a partire dagli anni '50, attraverso la composizionemanuale con forbici, nastro adesivo, matite, righelli e trasferibili, per arrivare ai giorni nostridove tutto inizia davanti un monitor e finisce in un file PDF.
Personalmente non sono un nostalgico di Letraset, tiralinee, penne e calamaio, ma ritengo questo "film" un documentofondamentale per capire come si è evoluto questo mondo. Un progetto, insomma, che non dovrebbe certo mancare di appassionare chiunque abbia a che fare, oggi, con Photoshop, Illustrator e company.

Oltre al trailer che trovi in coda al post, QUI trovi il sito ufficiale dedicato al documentario eQUI unameravigliosa galleria su Instagram. 


Star Trek: The Next Generation - Stagione 1 (che non ci facciamo ri-mancare niente)

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Se chiedete quale serie di Star Trekpreferisce, ogni buon fan vi risponderà che un paragone è impossibile, perché esiste quella originale(TOS) da una parte e TNG, DS9, Voyager e Enterprise dall'altra.
L'originale è una cosa a parte. Tutto è cominciato da lì, con tempi e modi ben distanti dalla altre. Se invece io dovessi scegliere tra quelle nuove, non avrei dubbi e direi che la Next Generation ha fatto storia a sé.

La prima e unica volta che ho visto tutti (o quasi) gli episodi si Star Trek: The Next Generation, fu qualcosa come unaventina e più di anni fa, quando Mediaset li passava in tv alle ore beate. Era da parecchio che mi ero ripromessodi riguardare tutti gli episodi per intero e in ordine cronologico. Anche perché nel corso degli anni, con somma soddisfazione, sono riuscito a mettere insieme i DVD di tutte le stagioni di tutte le serie Trek (grazie alla collection allegata anni fa a Panorama) e con certosina pazienza ho recuperato anche tutti i film e tutta la serie animata del '73.
Ho cominciato quindi con la prima di TNGalla fine dell'anno scorso e, pezzettino per pezzettino, me la sono rivista tutta.


Devo essere sincerissimo. Questi episodi hanno quasi trent'anni (il primissimo andò in onda in America il 28 settembre 1987 e qui da noi nel 1991) e mostrano tutto il peso di una serie ideata e coordinata alla fine degli anni '80. Ma in realtà, quel peso, lo portano anche con molta, molta, molta più dignità di quanto tu possa immaginare o ricordare.
A parte i primissimi episodi di rodaggio, infatti, gli altri si assestano tutti sul buono. Qualche picco in basso dettato dalla lentezza qui e lì, diversi picchi in alto dovuti a buone storie infarcite di denuncia e un pezzettino di retorica buonista che in realtà male non ci sta, visto che stiamo parlando del futuro utopico immaginato da mister Roddenberry.


E quando parliamodi una serie realizzata appunto alla fine degli anni '80, bisogna anche ricordare che la tv era diversa, così come gli obiettivi e le richieste del pubblico. I vari episodi duravano quasi un'ora e in una stagione dovevano essercene più di venti. La prima di TNG, tanto per dire, conta ben 26 episodi. Decine di ore di girato che fanno impallidire quelle di una serie di oggi.Ma questo vuol dire poco o nulla, anche perché all'epoca dinamiche e risorse non osavano troppo, accontentandosi di uno sparuto gruppetto di interpreti, tra principali e comparsate, e di pochissime location.

A parte qualche caso, infatti, nei primi episodi di TNG il 70% era girato negli interni della nave, tra il ponte di comando, la sala riunioni, il teletrasporto e l'ufficio del comandante. Mentre per le location esterne le ricostruzioni erano sommarie per i pianeti inesplorati e più accurate per quelli vissuti o in particolare per gli episodi incentrati sul ponte ologrammi (che sfruttavano set di altre produzioni, come spesso accade anche oggi). Insomma, la forza di questa serie, così come delle altre, è sempre stata quella di riuscire ad entrare nell’immaginario collettivo di milioni di fan, a dispetto degli scarsi fondi economici. Meno risorse hai a disposizione, più devi affinare l'ingegno.


Tutto comincia conIncontro a Fairpoint, il pilot originale che fu poi diviso nei due episodi iniziali della serie. A parte fare la conoscenza di Q, essere semidivino dalle sembianze umane apparentemente immortale e onnisciente che sarebbe spesso tornato ad infastidire gli "umani", compaiono qui per la prima voltagli indimenticabili personaggi a bordo della nave stellare classe "Galaxy"USS EnterpriseNCC-1701-D.
L'irreprensibileCapitanoJean-Luc Picard, il "Numero Uno"William T. Riker (qui nella sua versione pulita e sbarbata), l'androide Data (uno dei perni fondamentai della serie),l'Ingegnere Capo con il grado di Tenente Comandante Geordi La Forge, l'Ufficiale klingoniano Worf, l'Ufficiale MedicoBeverly Crusher e suo figlio Wesley (che ancora giovanissimo viene addestrato a bordo della nave come Guardiamarina), il Consigliere betazoide Deanna Troi e la Responsabile della Sicurezza Tasha Yar.


Un vero e proprio microcosmo nel cosmo, insomma, dove i vari personaggi sono stati studiati e costruiti con pregi, difetti e limiti, spesso afflitti da dubbi e timori quasi amletici: l'androide Data alla perenne ricerca del proprio lato "umano", La Forge, cieco sin dalla nascita, munito di un visore che gli conferisce una vista più efficace ma "diversa", il klingoniano Worf ufficiale della Federazione e per questo considerato come un traditore da quelli della sua razza, le capacitàempatiche di Deanna che la costringono spesso a sofferenti "sedute"extrasensoriali. 


Per quanto riguarda le storie, invece, la solidarietà, la scoperta e il rispetto sono i principali temi trattati dalla serie. Ma non ci si ferma certo qui. Tanto per farti qualche esempio, Codice d'Onore (ep. 04) è un'interessante critica sul potere degli uomini rispetto alla donna. Si parla invece di pena di morte ne Il Giudizio (ep. 08), della ricerca della propria umanità in Datalore (ep. 13), della paura del diverso in 11001001 (ep. 15), dell'eterna giovinezza in Guerra Privata (ep. 16) e della giustizia e della fedeltà verso i propri ideali in Cuore di Klingon (ep. 20). C'è spazio inoltre per parlare di amore e occasioni perdute, come in Ricordare Parigi (ep. 24) e della dipendenza dalla droga nel meraviglioso Simbiosi (ep. 22) in un periodo, lo ricordo, che l'America, come il resto del mondo, soffriva parecchio ilproblema.

Gli effetti speciali sono quel che sono ma, a parte un paio di casi, siamo ben lontani dai mostri in lattice o dagli effetti digitali più pacchiani. Gli episodi contavano soprattutto sulla trama e le location, come già detto, erano sempre più o meno le stesse, variando da due o tre al massimo per ogni episodio.
Tra le razze ostili più note, c'è da considerare il ritorno deiKlingon, dei Ferengi e, solo nell'ultimo episodio, in una sorta di minaccioso cliffhanger per la stagione successiva, quello deiRomulani tornati alla ribalta dopo cinquant'anni anni di ostinato silenzio.


Tra le tecnologie presenti, ci sono quelle già comparse nella serie originale con Kirk e soci, naturalmente svecchiate per l'occasione, come i phaser (arma ad energia dal raggio regolabile da "stordimento" a "letale"), il tricorder (un elaboratore multifunzione) e la sala teletrasporto. O altre completamente nuove come  il ponte ologrammi (destinato alle esercitazioni ufficiali o ai momenti di relax dell'equipaggio) eil replicatore (in grado di "ricostruire" tramite un semplice comando qualsiasi cibo o bevanda).


Senza dimenticare l'impareggiabile ponte di comando dove ogni storia ha inizio. Quello con le plancedegli strumenti in plastica, il corrimano in radica e i sedili in pelle e tutto rispettosamente in quel beige tanto in voga in quegli anni. O la bellissima interfaccia graficaLCARSopera del noto designer giapponese Michael Okuda che le stampava su pellicola e le applicava su schermi retroilluminati (come dicevo, quando hai pochi soldicerchi di fare l'impossibile, e infatti quelle grafiche sono rimaste nella storia della tv). 



Interessante, inoltre, il lavoro fatto sulla tipologiadelle astronavi che a seconda della razza di appartenenza presentavano forme e tecnologie diverse. Si trattava di modellini in scala, ma grossi come una moto o poco meno, curati nei minimi dettagli e studiati in modo da non ricordare nessun'altra forma in circolazione. Ad esempio:

Un Warbird romulano.

Un Bird-of-Preyklingoniano.

Un vascello Ferengi classe D'Kora.

Per il resto, quasi ogni episodio prevede nuove scoperte, nuovi pianeti da visitare, nuove galassie da esplorare: Deneb IV, Ligon II, Delphi Ardu, Rubicun, Maxia Zeda, Omicron Theta, Mordan IV, Epsilon Mynos, Aldea, Velara III, Minos, la Zona Neutrale.Uno spazio infinito da esplorare in lungo e in largo che permetteva, come nelle produzioni di fantascienza più riuscite, di abbattere parecchie barriere e paletti per raccontare tutto quanto potesse passare per la testa agli autori.

Nei contenuti speciali alla fine di questa prima stagione si ragiona sulla scelta del cast e traspare quanto i vari attori si sentissero una famiglia dentro e fuori dal set (molti di loro si frequentavano anche nella vita privata).


Oppure ancora quanto lavoro ci fosse nella messa a punto dei particolari (più che nella costruzione dell'episodio nel complesso). Ma prima di ogni altra cosa, traspare tutto l'amore possibile di un signore di nome Gene Roddenberry che più che credere nel futuro utopico che aveva costruito con tanta pazienza negli anni, ci sperava con tutte le sue forze.
Da parte mia, invece, ho capito una volta di più che, per quanto non mi sia mai davvero considerato untrekkie "invasato", serie come TNGriescono a mettermi la pace nel cuore ed estraniarmi con storie e tematiche geniali. Che amo alla follia questi interpreti, dal primo all'ultimo, e che in particolare io AMO Patrick Stewart.


E bada bene. Dovrei stare qui a dirti quanto la seconda stagione (che ho già visto quasi per intero) è molto meglio di questa prima. Che tra inaspettate dipartite, buchi neri senzienti, pianeti viventi, gravidanze isteriche (aliene) e lo spaventoso avvento dei Borg, si fa un salto qualitativo impressionante verso quelle trame che sarebbero poi rimaste per sempre nella storia della fantascienza televisiva.

Kung Fu Panda 3, una riflessione s'ha da fare

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Abbiamo portato Teo a vedere Kung Fu Panda 3. E l'abbiamo visto anche io e mia moglie, ovviamente. Come accaduto con i due capitoli precedenti, anche questo terzo ci ha fatto ridere precchio facendoci brillare gli occhi alle scene di combattimento (a me e Teo, più che altro) e alle parentesi più poetiche e spirituali (mia moglie compresa). E non solo.

Le polemiche nate proprio negli ultimi giorni riguardo alla doppia paternità del protagonista sono facezie e non hanno nessun tipo di fondamento, create ad hoc (malamente, tra l'altro) da chi vuol farsi portabandiera di una certa etica aberrante. Il papà (oca) di Po ad un certo punto semplicemente fa chiarezza sulla questione dicendo all'altro papà (panda) che se in un primo momento aveva avuto paura che potesse portargli via quello che per vent'anni aveva cresciuto come un vero figlio, alla fine ha capito che due papà non possono fare altro che arricchire ulteriormente la sua vita.


Parentesi chiusa con buona pace di qualche beota che ha trovato appigli intangibili per vomitare le proprie storture. La questione è che per trovarne non devi avere proprio altro a cui pensare dalla mattina alla sera. Soprattuttoportando avanti come movente che la cosa avrebbe potuto confondere i bambini (e cercando ufficialmente di boicottare il film).
Mio figlio ha quattro anni e mezzo e non solo NON era confuso, ma ha pure capito perfettamente la questione, sorridendo di cuore quando i due papà si sono finalmente riconciliati.


Detto questo (che è già tanto), come già annunciato alla fine del secondo film, Po si ritrova improvvisamente di fronte alle proprie origini, mentre Maestro Shifu si fa da parte chiedendogli di cominciare ad insegnare il kung fu per seguire il proprio destino. Il ritorno del vero padre di Po nella valle e l'avvento dello spietato Kai dal mondo degli spiriti, costringeranno Po (goffo e gnoccolone come al solito) a tornare nella valle segreta dei panda alla ricerca del proprio "chi" interiore. L'unico modo, questo, per sconfiggere Kai e riportare la pace in Cina.


Semplicissimo, divertente e senza fronzoli. Spicca meno la presenza dei Cinque Cicloni,forse, dove la scena e le luci sono tutte dedicate al Guerriero Dragone più pasticcione che la storia della Cina ricordi.
Inutile star qui a ricordare infine come il lavoro della Dreamworks risulti ineccepibilea livello tecnico. La casa di produzione californiana ci ha abituato a standard altissimi, soprattutto per quanto riguarda fotografia e regia.
Il film, infatti, si è già rivelato un nuovo successo da portare a casa (primo al boxoffice americano con 41 milioni di incassosolo nel primo week end).

Gloria Pizzilli

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Un enorme talento tutto italiano quello diGloria Pizzilli, designer e illustratrice che vive e lavora in francia.Oltre a lavorare a stretto contatto con i collettivi femminilGAIAdesigneOradaria Design, Gloria porta avanti numerosi progetti personali e le sue illustrazioni mostrano una bella cura del dettaglio e un invidiabile senso della composizione.
I suoi lavori hanno arricchito le pagine del New Yorker,New York Times, Boston Globe, GQ USA, Wired Italia, La Stampa, L’Espresso e di editori come Feltrinelli, Mondadori, ElieÉditions du Seuil.

Qui trovi il suo sito ufficiale e qui la sua gallery su Behance.






















Scott Kikuta

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ScottKikutaè un illustratore e concept artist che vive e lavora a Seattle. Specializzato nel settore dei videogiochi, Scott conta in portfolio alcune importanti collaborazioni come quelle per Scribblenauts Unlimited, la serie Dungeon Siegee Halo3. Tra i progetti personali, invece, ha realizzatouna divertente serie di cardcollezionabili, CrayonMonsters. Esemplare la delicatezza e il tatto di certe sue illustrazioni dai colori vivissimi.
Qui trovi il suo tumblr e qui la sua galleria su Art Station.



















Kim Jung Gi (di nuovo!) e le variant per la Marvel

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Mi permetto di riprendere pari pari un post da Fumettologica per segnalare l'ennesima prova di forza di Kim Jung Gi (l'ultima volta te ne ho parlo qui). Il cartoonist coreano realizzerà infatti otto variant cover per Marvel legate all’evento Civil War II che messe una accanto all'altra andranno a comporre un'unica grande illustrazione.

La cosa bella è che la Marvel ha già distribuito on line il video dove possiamo ammirare Kim durante la lavorazione delle cover e che risponde in via definitiva ad un quesito che lo riguarda e che mi sono posto più volte.
Kim Jung Gi, infatti, non solo non usa una base a matita, ma addirittura osa disegnare (maledetto!) direttamente a china, guidato dall'ispirazione del momento (e l'ho visto utilizzare il bianchetto UNA sola volta). Paurissima!!!


Di naufraghi del tempo, agenti delle tasse, esploratori sull'orlo di una crisi di nervi, morti viventi e creature elementari

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I NAUFRAGHI DEL TEMPO #1/3
di J. C. Forest, P. Gillon | Editoriale Cosmo
16x21cm | 176/208 pp. b/n | 5,50/6,90 euro

Un ricco tesoretto, questo, che ho preso all'epoca dell'uscita in edicola, ma letto tutto in una volta solo ora. Si tratta di un terzetto di albi che raccoglie i dieci episodi della serie Les Naufrages du Temps pubblicati in Francia tra il 1974 e il 1989.
Vero e proprio classico della fantascienza francese, l'opera è scritta dal decano Jean Claude Forest (noto soprattutto per Barbarella) e disegnata da un ispiratissimo Paul Gillon (che da metà della serie si è occupato anche dei testi).
I Naufraghi del Tempoè una saga dal respiro molto ampio, arricchita e ispirata da un gran numero di personaggi e da numerosi e allucinati scenari. I testi di Forest (e Gillon), aprono infatti le porte al fantastico più sfrenato, immaginando universi senza frontiere.


Non esente da qualche veniale peccatuccio narrativo (su tutti la quasi totale indifferenza e la rapidità con cui alcuni personaggiescono definitivamente di scena), la storia è posta su un vero e proprio palcoscenico teatrale dove i protagonisti si muovono come attori consumati e perdono forse un po' di mordente solo verso il finalino di coda.
"Rimasto in animazione sospesa per mille anni, Chris Cavallieri viene risvegliato in un futuro apocalittico dove l’umanità è stata quasi del tutto sterminata da una epidemia extraterrestre. Ma Chris è ossessionato unicamente dal destino di Valerie, la donna che è stata ibernata con lui, per poi scomparire."
L'impianto grafico è monumentale, con un Gillon in splendida forma ben conscio delle proprie potenzialità grafiche (curiose a tratti certe attinenze di stile, molto probabilmente dettate alla base dalle medesime ispirazioni, con quello di Corrado Roi). Le sue tavole, è proprio il caso di dirlo, avrebbero meritato un formato ben più ampio del classico 16x21, ma tant'è...


Questa edizione della Cosmoè la prima a potersi definire "integrale"avendo pubblicato anche l'ultimo episodio inedito e tutte le copertine (in passato la serie è stata serializzata su Alter Linus e solo in parte raccolta in volume, sempre dallaMilano Libri). L'unico neo nasce in conseguenza della solita riduzione delle tavole al classico formato bonelliano che ha costretto a tagliuzzare alcuni testi (o a stringarli riscrivendoli,come spesso accade) pur di farceli stare.Un lungo e interessante classico in ogni caso.

I.R.$. #2 - NARCOTRAFFICI
di S. Desberg, B. Vrancken | Aurea Editoriale
21x29cm | 92 pp. a colori | 8,50 euro

Anche il secondo volume di I.R.$. si legge che è un piacere (con sorpresa, tra l'altro, visto che non avrei mai creduto che un certo tipo di storie potesse interessarmi).
Questo secondo volume intitolato Narcotraffici raccoglie gli albi originali Blue Ice (2001) e Narcocrazia (2002) dove questa volta Stephen Desberg mette l'agente speciale dell'I.R.$. Larry B. Max sulle tracce del pericoloso ricercato Ryan Ricks e di alcuni esponenti di spicco dei cartelli della droga messicani.
"I cartelli della droga controllano territori grandi come nazioni con pugno di ferro e spietatezza. Ma per gestire il grande flusso di denaro generato servono capacità informatiche e bancarie fuori dal comune. Ryan Ricks è ricercato per questo motivo da Dea, Interpol e IRS. Quando dopo anni di clandestinità Ricks sbarca all’aeroporto di Los Angeles, Larry Max inizia la sua caccia che lo porterà fino in Messico, nel cuore del narcotraffico."

Misurato l'apporto di Bernard Vrancken ai disegni che oltre a confermare alcune mancanze notate nel primo volume (soprattutto nelle scene più dinamiche), sembra davvero troppo dipendente da una resa "fotografica" (racconta bene quel che deve raccontare, insomma, ma senza guizzi).
Larry Max, infine, è sempre un po' manichino dell'upim, ma almeno qui abbiamo conosciuto una sorella concertista e vediamo il volto della donna misteriosa della linea erotica. Un pezzettino alla volta, forse cresce.

MANIFEST DESTINY #1
di C. Dingess, M. Roberts | Saldapress
48 pp. a colori | 3,30 euro

A sorpresa (almeno per me) uno dei titoli più interessanti della Saldapress finisce anche in edicola nella consuetafoliazione ridotta. I primi due episodi della serie Manifest Destinypartono da un evento storico, la spedizione del 1804 del Capitano Meriwether Lewis e del Sottotenente William Clarke, organizzata per esplorare la sconosciuta frontiera occidentale americana. Partendo da qui, lo sceneggiatoreChris Dingess (produttore e scrittore delle serie tv AgentCarter e Being Human) e il cartoonist Matthew Robertsdanno poi vita a un viaggio ben diverso da quelle riportato dai libri di storia, dove i due esploratori, insieme ad unristretto numero di disperati (per lo più assoldati dalle carceri americane), partono alla scoperta di nativi americani, spazi incontaminati e animali selvaggi. Ma non solo, purtroppo per loro.


La vera storia di Lewis e Clarkè solo un pretesto, perché da qui in poi tempi e modi cambiano in modo repentino. L'equipaggio, infatti, dovrà fare i conti con creature mostruose, bizzarre donne suicide, misteriosi fortini deserti e una flora e una fauna quantomeno raccapriccianti.


E' presto per dare un'opinione su Manifest Destiny. Diciamo che Dingess fa il possibile per solleticare il piedino al lettore, mettendogli sotto gli occhi una vicenda tra il fantastico e l'horror crudissimo che richiamasubito (anche se indirettamente) certe tematiche care a Lovecraft o Conrad.
Buona, infine, la prova di Roberts alle matite e alle chine, anche se pecca di qualche passaggio legnosetto qui e lì.

SHERLOCK HOLMES SOCIETY #1/2
di S. Cordurié, AA.VV. | Editoriale Cosmo
16x21cm | 96 pp. b/n | 3,90 euro

Si è capito che in Francia interessano soprattutto le commistioni fantastiche tra mostri epersonaggi noti della letteratura di genere. E così, al buon Sherlock Holmes, dopo i Vampiri di Londra e il Necronomicon, toccano i morti viventi.
I due numeri della collana Weird della Cosmo raccolgono i quattro albi originali della serie, dove ai testi ritroviamosempre Sylvain Cordurié, già autore dei precedenti "incontri", mentre alla tavola da disegno rispondono all'appello ben quattro cartoonist diversi, uno per ogni episodio. Tutto comincia quando Sherlock viene ingaggiato dal fratello Mycroft per una indagine a Keelodge, un piccolo paesino sulla costa irlandese i quali abitanti sono stati contagiati da un misterioso virus.


Nonostante il tema ormai morto e sepolto (haha!) degli zombie, Sherlock Holmes Societyè una lettura molto più interessante delle precendenti (e in questo senso, il respiro un po' più ampio rende meglio). Forse il protagonista non riesce ancora a brillare di quella scintilla genialeper la quale è noto,ma certi momenti "inediti" sono divertenti.
Un paio di piccole stonature, inoltre, stanno nell'aver voluto inserire, da un certo punto in avanti, un'altra notissima (e abusata) figura letteraria che non ti aspetteresti di incotrare qui e un finale con una risoluzione troppo "di forza" per un personaggio come quellodi Conan Doyle.

Di tavole in bianco e nero dell'edizione Cosmo non ne ho trovate, in rete.
Quindi te ne mostro un paio a colori (naturalmente molto più belle, ma pazienza).

Graficamente nulla da segnalare, se non che i quattro stili (che sono quelli di Stephane Bervas, Eduard Torrents, Alessandro Nespolino e Ronan Toulhoat) sono molto diversi tra loro, ma accomunati, chi piùchi meno, da una buona attenzione per il dettaglio.
Brava la Cosmo a mettere in programma queste storie nella sua Serie "Marrone" anche se, a onor del vero, prima di questo Society avrebbero dovuto pubblicare Sherlock Holmes & Les Voyageurs du Temps che invece, per ora, rimane misteriosamente inedito (della cronologia di queste storie ti avevo parlato QUI). Ma all'editore va anche un piccolo coppino a mano aperta per non aver citato nemmeno in una riga (a parte nei credits e nella sinossi sul sito) il nome di Alessandro Nespolino, talentuoso disegnatore campano con una certa esperienza in Bonelli (Nick Raider, Volto Nascosto, Shanghai Devil, Adam Wild, Tex) che qui ha disegnato indubbiamente la migliore delle quattro parti, graficamente parlando.

UT #1 - LE VIE DELLA FAME
di C. Roi, P. Barbato | SBE
16x21cm | 96 pp. b/n | 4 euro

Se n'è parlato abbastanza altrove. Inutile che stia qui a decantarti quella che, almeno per ora, sembra una buona storia (di cui, è bene ricordarlo, Paola Barbato ha firmato "solo" la sceneggiatura). Magari ne parliamo alla fine dei sei albi previsti.
Quello che sicuramente è da sottolineare da subito è il lavoro di Corrado Roi al tavolo da disegno. Roi ha incesellato delle tavole spettacolari e molto più curate delle sue ultime cose (mi viene in mente il suo Texone, tanto per dire). Sia ben chiaro, il disegnatore varesino ha sempre dato ottime prove, ma qui ha dato da mangiare polvere a se stesso, se è possibile. Apprezzabili i vari riferimenti e citazioni, come quelli al cinema espressionista tedesco e, in particolare, alla meravigliosa pellicola muta del 1920 Il Gabinetto del Dottor Caligari di Robert Wiene.

"Dopo la scomparsa dell’Uomo, quel che resta del pianeta è popolato da nuove specie antropomorfe, governate solo dai loro bisogni primordiali. UT è una creatura elementare, feroce e infantile, i cui compiti sono cercare insetti per l’entomologo Decio e sorvegliare un’antica mastaba. Da lì, un giorno, emerge accidentalmente un individuo diverso da tutti gli altri, Iranon, enorme, frastornato e privo di memoria. Decio incarica UT di non perderlo mai di vista, perché “è il solo esemplare della sua specie”. La comparsa di Iranon, però, non è passata inosservata, e gli equilibri faticosamente conquistati inizieranno a saltare…"
Ma ci sono un paio di peccatucci, anche. Uno è veniale e riguarda la grafica (e interessa forse solo chi fa un certo mestiere). Lasciare l'illustrazione di Roi a tutta pagina avrebbe reso meglio di quelle due "bandelle" d'acciaio con le viti e le scritte in gessetto (e con quelle "i" con le disgraziate graziette che ormai credevo bandite dall'intero universo del buon gusto). Per non parlare di quell'arcaico "enne-punto-uno" in alto a destra. Quisquilie, ripeto.


L'altro, invece, riguarda il prezzo ed è un po' più un problema. Sul fatto che questo albo costi 4 euro ci sono già state tante polemichesterili e inutili (per il motivo sbagliato, almeno). 4 euro continua ad essere un prezzo ridicolo per un prodotto del genere. E quando parlo di "prodotto"parlo del lavoro degli autori ma anche dei costi vivi: quantità di carta e cartoncino, stampa edistribuzione.
La questione antipatica è un'altra.La Bonellici ha da sempre abituati a dare un prezzo ad un albo a fumetti a seconda della foliazione (cosa sacrosanta, se vendi prodotti "popolari"). Di questi tempi, però, molto difficili anche per l'editore milanese, capisco che questo tipo di "politica" editoriale debba subire radicali cambiamenti commisurando i propri prezzi in rapporto al rischiodell'invenduto(UT in fondo è "solo" una scommessa che l'editore deve affrontare con le mani avanti per non cadere di testa). Cosa, per altro, che in altri Paesi come Francia o America già fanno da tempo o come accade anche da noi nel circuito delle librerie e fumetterie. Cosa che in Bonelli è già accaduto, lentamente e di soppiatto, dove da un prezzo medio di 3,20 euro si è alzato impercettibilmente di soli dieci centesimi per certe testate (Dragonero) e lievemente fino a 3,50 euro per altre (Le Miniserie).
E quindi ripeto, 4 euro sono ridicoli, ma rimane inconcepibile il divario di 70/80 centesimi tra questo prezzo e quello considerato come "standard".
Tutto il resto è fuligine.

Alieno Ferri

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Il Maestro Gallieno Ferri ci ha lasciati sabato 2 aprile scorso. A quanto ne so, Ferri non ha mai staccato le mani da matita e pennello. Alla bellezza di 87 anni, e con un carriera invidiabile alle spalle (ben 67 anni di fumetto, per lui), è stato uno dei disegnatori italiani più prolifici in assoluto. Un vero e proprio "alieno", insomma, come mi è piaciuto definirlo nel titolo di questo post.

Anche se ha legato il suo nome prevalentemente alle Edizioni Bonelli, lavorando su Zagor e Mister No (da ricordare, però, prima degli anni '60, le sue collaborazioni con Il Vittorioso e i suoi lavori su personaggi come Maskar per l'Avventuroso e Tomm-Tom e Thunder Jack per il mercato francese), se n'è andato in ogni caso l'ultimo grande personaggio di una vecchissima generazione che ha fatto scuola.


Non sono mai stato particolarmente appassionato del suo stile, ma ricordo benissimo quando da ragazzetto guardavo incantato gli albi di Zagor disegnati da lui e in particolare quelli dalle atmosfere più horror. Tematiche per le quali, secondo me, Ferri sembrava dare davvero il meglio riuscendo ad instillare alle proprie tavole un senso del macabro davvero stupefacente.

Ciao Maestro.







Sotto il Sole di Mezzanotte

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Facendo propria un'eredità così pesante come quella di Corto Maltese, ci sono solo due modi per portarla avanti: o ripercorri pedissequamente la strada tracciata dal suo autore originale o decidi di ripartire da zero, con sommo rispetto di quanto già fatto, ma aggiungendo tasselli nuovi all'opera.
In Paesi come l'Italia o la Francia, il peso della tradizione è un fardello imponente (non che sia sbagliato tenerne conto) ed era chiaro che si decidesse di prendere più o meno la prima strada (ma quanto sarebbe stato bello leggere la storia di Joann Sfar e Christophe Blain?).

Sommariamente, Sotto il Sole di Mezzanottenasce con questi auspici.

Nelle note al volume, lo scrittore madrileno Juan Dìaz Canales dice di aver voluto in realtà dare la propria interpretazione di Corto, cercando di aggiungere cose nuove anziché usare solo quelle che aveva a disposizione. E che nella scelta del cartoonist è stato naturale confermare, alla fine di un percorso di ricerca, il suo amico e connazionale Rubén Pellejero.
Benché Pellejero abbia citato inevitabilmente Hugo Pratt tra le sue influenze (e quelle che a sua volta erano dello stesso Pratt, come Milton Caniff), anche lui afferma di aver scelto di lavorare all'albo, NON volendo ripercorrere troppo rigidamente il sentiero tracciato del Maestro di Malamocco.

Per quanto decise possano essere sembrate le loro intenzioni, però, i due autori spagnoli non sono riusciti propriamente negli intenti che si erano prefissati. In particolare Pellejero che, oltre a riprendere la struttura della tavola tipicamente prattiana (le quattro strisce orizzontali), spesso ha riproposto anche i "vezzi" più classici dell'autore, dalla postura dei personaggi a certe inconfondibili inquadrature.


Canales, che è sceneggiatore valente e assai capace, autore di quel piccolo capolavoro che è Blacksad, sapeva di dover fare i conti prima di tutto con l'idea romantica cheCorto Maltese ha da sempre suggerito ai propri lettori. Spedirlo dove aveva già lasciato il segno sarebbe stato come tirarsi una zappa sui piedi. Di conseguenzadecise di mandarlo in posti dove non aveva mai messo piede prima, ovvero tra gli Stati Uniti del nord e l'Alaska. E visto che i rimandi alla letteratura con i quali Pratt infarciva le sue storie sono sempre piaciuti (in particolare anche a chi notoriamente al fumetto prestava poca attenzione), Canalesfaràpervenire a Corto una lettera firmata dal suo amicoJack London (QUELJack London), dove questi gli chiede un ultimo favore:Corto dovrà consegnare a sua volta una lettera ad un amore di gioventù dello scrittore americano per poi dirigersi nel suo cottage in Alaska per ritirare il suo "regalo".Inutile dire che le cose non saranno per niente facili.


In ogni caso, per far accadere tutto ciò Canalesdoveva ambientare la sua storia nel 1915 (l'anno prima della morte di London, quando lo scrittore soffriva di dolori atroci per via della sifilide)per piazzarla sugli stessi percorsi che fino a qualche anno prima avevano vistola disperata corsa all'oro canadese (si, proprio quella del Klondike durante la quale lo stesso London ambientò uno dei suoi romanzi più celebri, Il richiamo della foresta). E tutto questo"mentre in Europa divampano i primi fuochi della Grande Guerra".
Per amor di precisione, cronologicamente questa avventura di Corto Maltesesi colloca quindi tra Una ballata del mare salato, in giro per l'Oceania e sull'Oceano Pacifico, e Il segreto di Tristan Bantam in sud America (anche se una piccola incongruenza, o forse no, vede Corto Maltesedesiderare, nella storia di Canales, di raggiungere immediatamente l'Europa).

Personalmente, come ho già avuto modo di dirti, da questa storia non mi sono mai aspettato una storia del Corto Maltese di Pratt, anche perché, come ben sai anche tu, Prattè morto. E se voglio rileggere le sue cose, mi piazzo davanti agli scaffali della mia libreria e non ho che l'imbarazzo della scelta.
Quel che mi aspettavo era una storia rispettosa del personaggio. E che non fosse una brutta storia da leggere. Nient'altro. Un piccolo viaggio che mi riportasse alla mente le vecchie storie, magari, ma che mi suggerisse anche qualcosa di nuovo, senza pretendere troppo da questi nuovi autori che avrebbero di certo tirato fuori qualcosa di diverso da quello che avrebbe fatto Pratt. Com'era giusto che fosse, tra l'altro. 


Una puntualizzazione sulla verve narrativa di Pratt che sembra farecosì tanto la differenza.I punti salienti sono nei particolari: quei momenti assurdi in cui i suoi personaggi parlano per monosillabi, quegli sterminati silenzi e quegli sguardi a cui non c'è mai stato bisogno di aggiungere una sola parola scritta, quei profili di Corto all'orizzonte, con il mare davanti e mille tragedie greche alle spalle. O semplicemente momenti come questi.
Sapessi quante volte, da ragazzo, mi sono chiesto come leggere e interpretare quel "Ah, si... si..."all'inizio di ogni frase di Bocca dorata. Solo Pratt poteva saperlo (e con quanta sorpresa ho accolto la sensuale versione adottata dalla serie animata del regista Pascal Morelli).

Detto questo, e volendo finalmente tirare le somme, c'è da chiedersi: Sotto il Sole di Mezzanotte di Canales e Pellejeroè una storia riuscita?
Tenendo conto di quanto detto sopra, e che nessun autore al posto loro sarebbe potuto andare oltre, si, lo è. E una buona storia godibile con un Corto Maltese forse un po' formale, ma romantico e disincantato allo stesso tempo, così come Pratt amava dipingerlo.


Speriamo ce ne possa essere presto un altro da mettere accanto a quelli di Pratt. Magari anche quello di Sfar e Blain.

Rebecca Universe

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La signorina dall'aria affabile nella foto qui di fianco è Rebecca Sugar, animatrice e sceneggiatrice americana classe '87. Ancora giovanissima inizia a lavorare sugli storyboard di Adventure Time, ma la cosa che la rende davvero specialeè che a soli 25 anni (25!) prende accordi con il canale digitale Cartoon Network (di proprietà della Time Warner) e crea, scrivendola da autrice completa, una serie animata che parte nel 2013 e che fino ad aggi ha raccolto solo recensioni e critiche entusiastiche: Steven Universe.
Questo non solo l'ha resa la prima donna in assoluto ad aver creato un programma per il canale in questione, ma anche una delle più giovani autrici in circolazione.


Perché te ne parlo? Semplicemente perché guardandolo con mio figlio, con il tempo mi sono fatto l'idea che Steven Universeè una delle serie animate per ragazzi più belle e interessanti che siano mai state realizzate, pregna com'è di una spicatta fantasia senza vincoli che riesce a saltellare agilmente da un genere narrativo all'altro (per quanto alla base poggi su una fantascienza genuina e purissima).

Da Wikipedia:
"Nella cittadina terrestre di Beach City vivono le "Crystal Gems", una specie extraterrestre che protegge il pianeta da mostri e minacce di ogni tipo. Questo gruppetto - formato dalle uniche Gemme rimaste sulla Terra - è composto da Garnet, Ametista, Perla e Steven, un ragazzino per metà Gemma e per metà umano. La maggior parte dei luoghi visitati dal quartetto sono antichi santuari o luoghi un tempo di grande importanza per la cultura delle Gemme, ora caduti in rovina da migliaia di anni. Gli artefatti che trovano nel corso delle loro avventure sono in realtà Gemme che hanno perso il controllo sui loro poteri dopo una grande guerra del passato, diventando corrotte e pericolose, ."
Oltre a delle storie mai banali, la serie è avvolta in un ovattato romanticismo nostalgico, merito in primo luogo delle idee meravigliose della Sugar, appunto, e poi di una colonna sonora minimale ma curatissima e di una serie difantastiche"location". 








In ogni caso, proprio per via di certe idee, Steven Universe è stato censurato un po'qui e un po' lì. Sono recentissime le critiche dei fan per i tagli operati da diverse tv europee (da evidenti scribacchini frustrati) sulle scene dolcissime e romantiche tra due personaggi femminili (e su parecchie altre cose, come spiega bene il sito afNews in questo post). Come sai, certe cose vanno ancora un po' così e ci si ostina a nascondersi dietro un dito in nome di una finta morale che nessuno ha mai imposto a nessuno.

Per tornare a noi, come dicevo più sopra, il fattoè che Steven Universeè una delle opere animate più sensibili in circolazione, proprio per via del suo taglio poetico, ma allo stesso tempo moderno e privo di preconcetti. Viene da chiedersi se questo è SOLO un cartone per ragazzi. Probabilmente si, ma molto probabilmente anche no. Prova a dare un occhio alla clip qui sotto che racchiude in parte lo spirito della serie.


La Sugar ha descritto l'idea alla base della serie come "un'evasione inversa dalla realtà", dove i personaggi di fantasia diventerebbero interessati alla vita reale solo cercando di parteciparne e concludendo che il personaggio di Steven, ispirato alle fattezze del suo fratellino più piccolo, è la perfetta rappresentazione di questa "storia d'amore tra fantasia e realtà".

Ho quarant'anni e non dovrei star qui a difendere una serie animata per ragazzi (e non). Non per via dell'età ovviamente, che per crescere c'è sempre tempo, ma perché una serie animata come Steven Universe, in un mondicino senza preconcetti, dovrebbe difendersi da sola.

 

E quanto è bella la sigla di chiusura?
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