Ho letto e digerito bene i primi quattro numeri degli albi della Gazzetta dedicati a Blake e Mortimer. Ma...
Leggendo in particolare gli episodiL'Incredibile Inseguimento, L'Evasione di Mortimer e SX 1 al Contrattacco, capitoli che compongono la storia Il Segreto dell'Espadon, purtroppo hanno preso forza i miei dubbi iniziali circa un certo modo di narrare, quello di E. P. Jacobs, dettato soprattutto dal periodo nel quale è stata concepita la storia. E non ha aiutato, in questo senso, mettere per primo Il Bastone di Plutarco di Yves Sente e André Juillard, che invece appare una lettura nettamente più asciutta, nonostante i due autori abbiano fedelmente ricalcato il cammino di Jacobs.
Per quanto siano ottimi i tempi narrativi e buona la prosa, nella prima storia che ha visto protagonisti Blake e Mortimer capita spesso di imbattersi in tempi dilatati, didascalie verbose al limite del sopportabile e descrizioni ridondanti su più livelli.
Qualcuno potrebbe obiettare dicendo che è normale, trattandosi di un titolo pubblicato per la prima volta nel 1946, e che proprio rispetto a quegli anni IlSegreto dell'Espadonè invece da considerarsi come un fiore all'occhiello.
Ed è vero, perché la storia di Jacobsè in effetti avanti anni luce rispetto agli standard dell'epoca, anche se c'è da dire che sulla stessa rivista sulla quale è serializzato,Tintin, le avventure della creatura di Hergé riescono ad essere molto più dirette e con meno fronzoli, per quanto nettamente meno realistiche di quelle di Blake e Mortimer.
Da un articolo nei contenuti extra in coda ad uno dei volumi, si apprende inoltre che Jacobs rilavorò anni dopo alle prime venti tavole ridisegnandole da zero, perché all'epoca non era soddisfatto della resa delle prime pagine che realizzò quando era travolto dal lavoro per la rivista e per le quali chiese aiuto all'amico e collegaJacques Van Melkebeke.
Questa cosa aumenta un certo senso di straniamento anche dal punto di vista grafico, in quanto la splendida ripresa di Jacobs su quelle prime 20 tavole (in un periodo in cui il suo tratto era pienamente maturo) è talmente superbo da far stonare tutte le altre tavole a seguire che semplicemente sembrano realizzate invece da qualcun altro.
Fortunatamente, però, nella terza e ultima parte de Il Segreto dell'Espadon, sembrano rientrare sia il "gap" grafico che quello narrativo (le didascalie verbose e ridondanti restano, ma ogni pezzo trova la sua degna collocazione).
A parlarne così, sembra che Il Segreto dell'Espadon sia una lettura poco interessante. E invece, non so come,è assolutamente vero il contrario. C'è da dire che Jacobs riesce infatti a farti appassionare, nonostante le troppe "chiacchiere", ad una delle storie di più ampio respiro che siano mai state scritte e concepite per il fumetto franco belga. Perché così è, semplicemente.Una vicenda che se da un lato approfondisce appena quanto basta la psicologia dei vari personaggi in scena, dall'altra invece è ricchissima di avvenimenti: spionaggio, tradimenti, duelli aerei, fughe nel deserto, servizi segreti, scienza, vita militare.Storie di guerra ce n'erano già state, all'epoca, ma mai con una trama tanto fitta e lavorata. E l'apporto "fantastico" qualcosina fa, anche se a dire il vero dalla deriva di genere Jacobstira fuori solo il lato ucronico di tutta la vicenda (l'Impero "Giallo", al posto dei nazisti, che riesce a mettere a ferro e fuoco le grandi città del mondo) o la misteriosa arma definitiva chiamata Espadon."In oriente, in un'epoca imprecisata, il temibile Impero Giallo conduce una politica aggressiva verso le principali potenze mondiali. In Inghilterra, nella fabbrica di Scaw Fell, il professor Philip Mortimer e il capitano Francis Blake stanno lavorando al progetto di un'arma segreta innovativa e straordinaria chiamata "Espadon". Mentre i "gialli" bombardano le principali capitali del mondo, il colonnello Olrik vuole impadronirsi dell'Espadon per metterlo al servizio dell'Impero. Scatta una caccia all'uomo che porterà Blake e Mortimer a vagare per tutto il medio-oriente fino a Karachi (nel Pakistan), prima di poter raggiungere una nuova base segreta britannica per portare a termine la costruzione dell'Espadon."
L'imprimatur definitivo del successo della serielo apponeJean Van Hammequando in una vecchia intervista (riportata nei contenuti extra) sostiene che da bambino, insieme a tutti i suoi compagni di scuola, non vedeva l'ora che uscisse il nuovo numero di Tintin per poter leggere il seguito de Il Segreto dell'Espadon. Addirittura pregava in ginocchio uno dei suoi professori, che all'epoca lavorava anche come impaginatore per la rivista in questione, di svelare a tutta la classe come si sarebbe risolto il cliffhanger alla fine dell'episodio precedente (ma quel professore, racconta Van Hamme, non ha mai ceduto).
E la cosa sembra dare una risposta al perché la Francia ha una tradizione a fumetti molto più profonda e radicata di quella di altri paesi. Mentre i ragazzini americani cominciavano a lustrarsi gli occhi con i supereroi e quelli italiani avevano già in testa l'idea di un eroe western dalla pistola facile, i giovani francesi venivano educati a sognare invece tra le pagine di un fumetto realistico tra guerra, politica e fantastico e con due protagonisti di carta che, almeno all'apparenza, rientravano nell'ordinario.
Naturalmente non ho nulla contro i supereroi o i cowboy, anzi, ma se ci pensi è una cosa parecchio interessante. Non dico che le storie di Blake e Mortimer siano una lettura ostica, ma se un ragazzino di oggi riuscisse a provare interesse per un titolo del genere, ci sarebbe di che meravigliarsi.