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Ghost in the Machine Under the Christmas Tree


Io e mia moglie non abbiamo mai avuto bisogno di spendere dei soldoni per farci un regalo. Più che mai in questo periodo dove, come sai, si cerca di fare più attenzione alle spesucce. Sotto l'albero, per me, è arrivato dunque un bel vinile. Non di quelli rimasterizzati di fresco, bensì un bell'originale del 1981. Come avrai capito dal titolo del post e dalla cover qui sopra, si tratta del Ghost in the Machine dei Police.

Gordon Sumner, Stewart Copeland e Andy Summers erano brava gente nata dalla scena punk rock londinese alla fine degli anni '70 e con la quale io sono cresciuto a partire da qualche anno più tardi. Ancor di più, col passare del tempo, con le opere da solista di quel figlio di un lattaio e di una parrucchiera di Newcastle che risponde al soprannome di Sting (chiamato così per via del maglione a strisce gialle e nere che indossava durante le sue primissime esibizioni nei locali di musica jazz della sua città).


I classici del gruppo li conosci più o meno tutti anche tu, ma le cose più belle dei Police sono da ricercare tra quelle meno note, sin dai loro inizi. Vedi ad esempio quando da una parte incidevano Nothing Achieving con Henry Padovani alla chitarra al posto di Summers e dall'altra suonavano con Summers ma si chiamavano Strontium 90, suonando cose mirabili comeNew World Blues. Di pezzi da citare ce ne sarebbero parecchi, la Next to You nell'album ufficiale del debutto, Outlandos d'Amour, la Bring on the Night in Regatta de Blanc o When the World is Running Down, You Make the Best of What's Still Around in Zenyatta Mondatta. E parecchie altre.

In Ghost in the Machine ci trovi alcuni di quei grandi classici di cui ti dicevo comeEvery Little Thing She Does Is Magic,Invisible SunoDemolition Man, ma anche chicche mai passate per radio che rappresentavano, allora come oggi, la vena più autoriale e moderatamente "selvatica" della band inglese. Fulgido esempio ne è il brano che chiude il disco, Darkness, una breve ma intensa composizione di mister Stuart Copeland.

Disco (ri)ascoltato, regalo (molto) apprezzato.



Here's to 2015


Come già fatto nei due anni precedenti, il sito Beutler Ink ha raccolto gli avvenimenti del 2015 appena concluso e li ha confezionati in un'unica, tentacolare illustrazione firmata daLukeMcGarry, designer, cartoonist e animatore di Manchester che vive e lavora a Los Angeles.
"Luke hala magica capacità di proiettare ognisingolopersonaggio chedisegna fuoridella pagina, come dimostra chiaramente questo suo lavoro. Il suo primo bozzetto ha centrato tutti gli obiettivi che avevamo in testa e il risultato finale, dalla matita alla penna, è stupefacente."
Dentro ci trovi società, politica, attualità, sport, cinema, tvintrattenimento e mille altre cose. Molti di questi fanno riferimento, ovviamente, alla realtà statunitense, ma se tu non dovessi riconoscere nominativi e citazioni in scena, QUI trovi un'esaustiva leggenda.

Il 2016 si è appena affacciato alla finestra, quindi colgo l'occasione per farti gli auguri. Ma visto come vanno ormai le cose da un po' di anni, il consiglio è quello di non aspettare semplicemente che arrivino le cose belle. Questo 2016 cerca di costruirtelo da solo, al meglio delle tue possibilità, pezzettino per pezzettino. Quel che posso fare io è augurarti di riuscirci.





Di Atari 2600 e di impronosticabili passi tecnologici (riflessione da vecchi #mode on#)


Un recente post di Doc Manhattan ha scatenato la solita vagonata di ricordi nostalgici. Si parlava dell'Atari 2600, la prima consolle di successo commercializzata a partire dalla fine degli anni '70, ed ecco che subito sono riaffiorate nella testa immagini a caso di cartucce in confezioni di cartone arricchite da meravigliose e coloratissime illustrazioni e joystick che sembravano arrivare direttamente dagli anni '50.

Quello che avevo io era la versione successiva dell'Atari 2600 (quello che vedi nella foto sopra) che all'epoca, in quanto a design, sembrava (quasi) la cosa più figa in circolazione. La questione è che il tutto costava poco e che bastava a saziare le allora esigue esigenze dei primi appassionati videogiocatori (a parte "mio cuggino, mio cuggino" che aveva già il Commodore 64 con i giochi più belli e con il lettore floppy da 5 1/4 che bastava fare la tacca dall'altra parte e utilizzavi il doppio dello spazio).


Non ricordo nemmeno che fine abbiano fatto consolle e cartucce. Fatto sta che sarebbe stata la mia unica incursione nell'ovattato mondo dei pixel colorati (solo a 16 anni arrivò la prima PlayStation comprata di seconda mano con soldini personalmente già tanto sudati, modellando pastori e pecorelle in una bottega di San Gregorio Armeno a Napoli).

Ho passato cinque minuti su Google cercando di ricordare i giochi che avevo su quell'Atari e questo meraviglioso poster, realizzato da non so chi, mi è venuto in soccorso scatenando ancor di più il momento nostalgia. Li ho riconosciuti tutti, a distanza di trent'anni. Eccoli:


Come avrai notato si tratta di vere e proprie chicche che reggono il passo ancora oggi ("ironia portami via"). Ma giuro che vorrei metterci di nuovo le mani sopra, anche solo per scoprire chi aveva dipinto quei gioielli in copertina.
In ogni caso un ricordo assopito nel tempo, fa nascere una riflessione da autentici vecchi. In un caldo pomeriggio perso nel tempo, "mio cuggino, mio cuggino" (sempre lui) aveva appena comprato una di quelle assurde cassettine per C=64 che si vendevano in edicola. Dentro ci trovammo anche International Basketball NBA, un giochicchio con una manciata di pixel messi in croce, dove le maglie erano tutte di colori diversi (anche quelle della propria squadra) e i giocatori di colore erano proprio neri neri. 
Questo qui sotto, tanto per dire.


E nonostante la pochezza, ricordo benissimo di essermi passato la mano tra i capelli e di aver esclamato qualcosa tipo "gesucristo, che grafica!", mentre riflettevo su dove saremmo arrivati di quel passo.
Sarei curioso di sapere cosa avrebbe detto quello stesso ragazzetto, all'epoca, sapendo che un giorno, avendo voglia di farsi una partitella con un giochino di basket, sarebbe passato da una roba del genere:



Fa ridere, lo so. Sono bastati trent'anni per stravolgere tutto. In realtà anche parecchi di meno (se metti a confronto i titoli di dieci anni fa con quelli di oggi, le differenze sono davvero lampanti).
Ma mentre ieri il limite era nella fantasia e nei mezzi tecnici, dove la prima si affinava per adattarsi ai secondi, oggi sta quasi esclusivamente nella fantasia che spesso non fa altro che cercare di riempire in qualche modo i risultati della tecnologia.Un po' come il cinema, eh. Niente di nuovo.

Arrivano i libri di 'sti lati.

Se sei tra quelli che spesso pensano (giustamente) che il mondo dell'editoria è a un passo del baratro, sappi che c'è sempre un fondo da grattare con le unghie. Come in tutte le cose. Lungi da me esprimere la mia sulla bontà o sull'effettivo valore di un'operazione come quella di cui ti andrò a parlare, ma la cosa va segnalata per ricamarci sopra due o tre riflessioni.

Un po' di giorni fa, in una veloce sortita in edicola, scopro con stupore (e quel filo di disappunto che ci sta sempre bene) una nuova iniziativa che porta in edicola alcuni classici letterari in forma "distillata". Probabilmente hai visto anche lo spot tv che imperversa in questi giorni a tutte le ore, dalla notte al dì. I primi due titoli sono Uomini che Odiano le Donne di Stieg Larsson e Venuto al Mondo di Margaret Mazzantini.
Ma cosa vuol dire distillati? Non si parla di riassunti come nelle dispensine scolastiche sottobanco di trent'anni fa, ma di una ricerca di sintesi che vuole andare "al cuore del romanzo".
"Abbiamo ridotto le pagine, non il piacere", recita lo spot. In poche parole (quelle che servono per dire le cose come vanno dette e basta) hanno ranzato via le parti che ritenevano superflue per lo svolgersi della trama. Uomini che Odiano le Donne, quindi, è stato in pratica epurato di oltre la metà.

Secondo i responsabili:
"più che ai non-lettori questa nuova iniziativa si  rivolge a quella parte di pubblico che dice - leggo meno o non leggo più perché non ho tempo -"
Bravi geni, verrebbe da dire, senza dover per forza cadere nella facile isteria collettiva che spesso scaturisce da siffatte grandi manovre. Parliamone un attimo seriamente, allora, e cerchiamo di capire perché tutto ciò, ohibò, non va.

Cancelliamo le parole giuste dal messaggio.

1 - L'idea alla base è bruttina forte, la disfatta economica (forse) dietro l'angolo. "Accorciare i bestseller e renderli più brevi per chi dice di non aver tempo di leggere". Un lettore può prendersi una pausa per questioni di tempo, è vero, ma se è un minimo appassionato, prima o poi tornerà a leggere. Magari non "mattoni", ma cose più brevi. E senza tagliarle. Se non legge più o non ha mai letto è evidente che non gliene può fregar di meno. E' questo il tuo target? Non ti senti a un passo dalla catastrofe?

2 - Il concetto alla base dell'operazione è antitetico rispetto a quello della lettura. O leggi o non leggi. Come detto sopra, un lettore con un minimo di passione legge comunque, anche se molto lentamente. Trova il tempo anche quando non ne ha. Se non lo fa è in un periodo affastellato da altri impegni (e quindi semplicemente rimanderà il piacere di leggere) o è un "non-lettore" qualsiasi. Entrambi, per ragioni diverse, non leggeranno uno Stieg Larsson da 500 pagine come non leggeranno nemmeno uno Stieg Larsson da 250.

3 - La periodicità dell'opera è antitetica invece con il concetto che vuoi far passare. Per il lettore che ha poco tempo a disposizione, poco cambia se un romanzo esige una decina di ore di lettura o solo cinque. Soprattutto quando sulla cosa imbastisci una collana intera offrendo ben due libri al mese. Il tempo di lettura è relativo. Lo avevano capito qualcosa come centocinquant'anni fa (forse anche più), quando si mise a punto il romanzo d'appendice, ovvero uno scritto lungo somministrato a puntate. A piccole dosi. Quell'idea era giusta. Questa, solo una sottrazione poco autorevole.

4 - Stai facendo leva sul punto d'appoggio sbagliato. Mi offendi. Davvero non sono in grado di leggere un libro così come lo ha concepito il suo autore? Davvero ho bisogno di un sostegno del genere? E' come sentirmi dare una pacca sulla spalla che vuole dare pietà ma restituisce soprattutto umiliazione?
Non a caso alcuni giornali stanno dedicando degli articoli più o meno irriverenti all'iniziativa. Il Fatto Quotidiano titola: "Romanzi spremuti e distillati, "sveltine" letterarie per pigri". Che è proprio il messaggio che viene fuori: sei pigro!
Esempio speculativo rapportato ad un altro media (che fa ridere di più e rende meglio l'idea): sei un mio amico. Mi confessi che ti piacerebbe continuare a guardare film, ma che non ne hai più il tempo. Ok, ti dico io, ti regalo il dvd di Blade Runner. Ma non il directors cut da 116 minuti né il final cut da 117. Ti regalo una versione che tagliuzzo personalmente. Un "personal cut" tutto per te. Però te lo faccio durare 58 minuti. Ora, dimmi, quanto mi mandi a cagare?

5 - La chiarezza è buona creanza.Da qualche parte è scritto a chiare lettere: "Bestseller da leggere nel tempo di un film". Spiegami allora perché piuttosto non dovrei vedere un film. Se preferisco davvero leggere, vuol dire che sono un lettore appassionato. Se sono un lettore appassionato, non accetterò mai di leggere un libro "distillato". Di riffa o di raffa, il tuo target è nascosto nelle pieghe polverose di un tappeto lasciato in cantina.

Detto ciò, è facile che tutte questi punti possano essere meticolosamente smontati dai risultati. E nemmeno mi meraviglierei troppo. Questo Paese è troppo strano (come e più di altri) per fare un qualsiasi tipo di pronostico. E una roba che ti aspetti possa andare bene solo per la casalinga di Voghera (e nemmeno, poverina), potresti ritrovartela invece difesa a spada tratta da qualche altra parte.

Sono curioso di seguire il programma per capire dove e come finisce. Anche in virtù dell'assalto (più che auspicabile) di parecchi utenti incarogniti sulla pagina facebook dedicata al collaterale (che nel momento in cui scrivo ha raccolto la bellezza di 118 poveri "mi piace". 118. Che è proprio il numero che bisogna comporre in questi casi, mi sa). Da quelle parti, ovviamente, giù a coltellate, senza pietà ("Stieg Larsson è rimorto", ha scritto qualcuno).
Su twitter poi, il profilo ufficiale è addirittura protetto per evitare sommosse popolari. Se vuoi seguirli, la tua richiesta deve essere apporvata prima da loro. Questo naturalmente non ha certo evitato che centinaia di utenti ne sparlassero.

Né vedo, né prevedo, quindi. Ma starò al balcone per capire se una speranza c'è o se, come spesso accade, ci piace quel dolorino recondito alle ginocchia dopo essercele fustigate da soli con una mazzuola di legno.

Ciao, Ziggy

Non fatevi fregare

Sul numero di Internazionale in edicola da venerdì scorso (il numero 1135, con una bella copertina firmata dal bravissimo Noma Bar) ci trovi una mia nuova illustrazione a corredo di un articolo firmato da John Lanchester, scrittore e giornalista inglese. Il titolo è "Non fatevi fregare" e si parla di truffe legalizzate e della pressione psicologica che provocano le cose firmate da una marca nota rispetto alle altre.
Argomenti insomma che, a differenza di quanto si possa pensare, non sono facili da trattare (se non vuoi cadere preda dello stereotipo facile, intendo). Ecco quindi una minacciosa pistola a dita incrociate pronte a spergiurare su ogni apparente buon proposito.


Superfantaserie TV del 2016

Di cose da vedere in tv, nel 2016, ce ne sarebbero parecchie. Per la maggior parte si tratta di produzioni importanti e molte di queste variano dal fantastico alla fantascienza. Come al solito si spera, incrociando le dita, che qualcosa di interessante effettivamente venga fuori.


Una delle più promettenti sembra essere Colony, scommessa di USA Network (rete che proprio in questi giorni ha ritirato un Golden Globe per la serie Mr. Robot) che vede il tenebroso biondino di Lost, Josh Holloway, cercare di far luce sul perché improvvisamente il quartiere di Los Angeles dove vive sia stato chiuso tra mura altissime e sorvegliate da unità militari. E da lì non si può più né entrare né uscire.
Sono molto curioso di capire che aria tira dalle parti di questa serie. Le premesse sembrano buone. E tecnicamente anche il trailer promette bene.




X-Files. Dovresti sapere già tutto, visto che è una delle serie più attese dell'anno. Chris Carter, David Duchovny e Gillian Anderson tornano in tv dopo i vecchi fasti degli anni '90 in una nuova miniserie televisiva da sei episodi che rappresenta una vera e propria stagione. Promessi fiotti di alieni in divenire, nel caso gli ascolti si rivelino all'altezza delle aspettative.
X-Files si aspetta con trepidazione a prescindere, ma incrocio le dita. Ha fatto il suo tempo e lo ha fatto bene, ma per sorprendere oggi, Carter dovrebbe cambiare completamente registro. Serie tv simili, negli ultimi anni, ce ne sono state parecchie e la maggior parte si è tristemente arenata sulle becere e nebbiose rive del dimenticatoio.




Divertente e cinico il trailer di Lucifer, sfrontato e luciferino protagonista che per ora poco sembra avere a che fare con la carismatica controparte a fumetti creata da Neil Gaiman e genialmente curata da Mike Carey (sono un fan di quella serie). L'attore Tom Ellisè quindi Lucifero, che ai giorni nostri ha abbandonato l'inferno per aprire un locale a Los Angeles.
L'incipit interessante e il fatto che è una serie targata Fox, potrebbe renderla una tra le più interessanti in circolazione. Ma ovviamente non sarà così. Sguardi gigioni con gli occhi contornati dal rimmel, gente con la mania di mostrare le ali (Constantine docet) e un'atmosfera generale da comedy central, presentano piuttosto bene il target al quale è rivolta. Nel caso mi sbagliassi, sarò felicissimo di essere smentito. Ma non credo.




Per l'adattamento televisivo dell'11.22.63 di Stephen King, sembra si siano fatte le cose come si deve. Prodotta dallo stesso King e dalla Bad Robot di J.J. Abrams, la serie in dieci episodi vede tra i protagonisti James Franco e Chris Cooper. Se il libro lo hai letto, la storia la conosci. Se non la conosci: "un insegnante di inglese del Maine viaggia indietro nel tempo per impedire l'assassinio di John Fitzgerald Kennedy" (cit.: Wikipedia).
Nel trailer qui sotto traspare un sapiente uso della regia, una fotografia incantevole e delle ambientazioni molto curate. Aspetto con ansia.




Westworldè invece un prodotto HBO firmato da J.J. Abrams (sempre lui, maledetto!) e Jonathan Nolan (fratello di...). La storia ovviamente è quella concepita originariamente da Michael Crichton (già adattata sul grande schermo nel bellissimo Il Mondo dei Robot del 1976) e racconta di un avveniristico parco divertimenti chiamato appunto Westworld, dietro il quale si cela più di qualche problemino.
Eddài. Questa la si deve vedere e basta. E poi, voglio dire, Ed Harris e Anthony Hopkins nella stessa serie tv...





E guardi, signora, che glielo dico a fare? Preacherè di sicuro la serie tv più attesa da anni a questa parte. La AMC porta in scena il controverso predicatore ideato da Garth Ennis e Steve Dillon e gli dà il volto dell'attore Domimic Cooper. Hanno già affermato più volte che la storia sarà in parte diversa da quella orginale perché vogliono stupire e meravigliare anche chi l'ha già letta (e qui corna a terra, per scongiurare facili strafalcioni).
Poi c'è da dire che visto che sarà trasmessa da un canale via cavo, gli autori non si sono posti limiti e sono previste dosi massicce di violenza. A parte gli stomaci deboli, mi chiedo come si possa fare a non vederla.





Origini a fumetti anche per l'Outcastdi Robert Kirkman che dopo The Walking Dead(e pure Fear the Walking Dead) porta in scena un nuovo horror basato sulla serie omonima scritta da lui per la SkyBound. Com'è, come non è, l'attore Patrick Fugit darà il volto a Kyle Barnes che dopo una vita familiare tormentata da possessioni demoniache e dopo l'incontro con il reverendo Anderson, cerca di rientrare in società e vivere una vita normale.
Il fumetto era ben scritto. Il trailer qui sotto sembra riproporre fedelmente quelle scene e quell'atmosfera. Conoscendo le altre produzioni televisive di Kirkman, non ci aspetta niente di troppo allegro. Ma ci tocca sacrificarci. Almeno per le prime puntate.



Ci sarebbe poi da parlare di un paio di produzione in fase avviata che salvo imprevisti dovrebbero vedere la luce proprio alla fine di quest'anno. Una è SS-GB, basata sul romanzo omonimo del 1978 dello scrittore inglese Len Deighton (da noi tradotto come La Grande Spia). E' in pratica la versione inglese di The Man in the High Castle. I nazisti hanno conquistato l'Inghilterra e Douglas Archer, detective di Scotland Yard interpretato da Sam Riley, si ritrova a investigare, come sai, su un omicidio che lo porterà nel cuore di una cospirazione. La versione americana non è andata benissimo. Vediamo questa inglese come butta.

L'altra è Stranger Things (titolo cambiato già due o tre volte nel corso dell'anno scorso), una nuova produzione Netflix. E poco si sa, per ora, se non che si ispira a Twin Peaks come atmosfere e ambientazioni e che desta attenzione soprattutto perché riporterà in scena come protagonista (dopo anni di comparsate) l'attrice Winona Ryder, che qui interpreta "una madre alla ricerca del figlio 12enne misteriosamente scomparso, finendo coinvolta in una storia a base di esperimenti governativi top-secret e terrificanti forze sovrannaturali".

Come dicevo, di cose ce ne sarebbero da vedere parecchie.

- - - A  G  G  I  O  R  N  A  M  E  N  T  O - - -


Nei commenti a questo posto, Patrizia segnala giustamente anche The Expanse, serie della rete via cavo SyFy ambientata duecento anni nel futuro, quando l'intero sistema stellare è stato ormai colonizzato dagli umani, coinvolti ora nelle tensioni che caratterizzano i rapporti tra la Terra, Marte e la fascia degli asteroidi. Qui il detective Josephus Miller, interpretato da Thomas Jane, e James Holden, capitano di una nave spaziale, investigano insieme sul caso di una ragazza scomparsa.
A parte le luci e la fotografia un po' farlocche (tipiche di una certa produzione SyFy) il resto sembra davvero interessante. Vedremo.


Leo Nickolls book designer


A volte ritorna. Ma anche no.


La voglia di leggere qualcosina della Marvel, intendo. Con il nuovo maxi evento Secret Wars, però, hanno proprio sdàto. Io un'occhiata agli albi attualmente in edicola e alle prossime uscite gliel'ho data. Ma stavolta non ci ho capito una beneamata mazza. Leggendo il primo interessante albo di A-Force (Luca Lorenzon ne parla bene qui), viene fuori che gli universi MarvelClassico e quello Ultimate sono scoppiati come un palloncino e dal big bang sono nati dei reami (Battleworld) indipendenti uno dall'altro ma tutti sotto il dominio del Dottor Destino.
Il che, se devo proprio dire la mia, sembrerebbe anche una roba interessante. Sicuramente più di altre cose viste negli ultimi anni.

Solo mi piacerebbe capire perché generare tanta confusione riproponendo in chiave alternativa, e tutte in una volta, note maxi-serie del passato come House of M, Planet Hulk, Civil War, Programma Extinzione, Il Guanto dell'Infinito, Inferno e "Anni" di un Futuro Passato. Tenendo conto del fatto che ora le altre serie sono intitolate tipo: Hail Hydra, i Thors, Vecchio Logan, Miss Deadpool e gli Howling Commandos e I Guardiani di Ovunque. E perché Spider-Manè di nuovo sposato e con prole? Bòh.






Sembra un grosso, enorme pasticcio, insomma, dove per capirci qualcosa si è costretti a seguire un po' tutto (una roba molto simile a quelle della DC Comics, tra l'altro. E non solo questa, ho notato). E per quanto interessante possa sembrare, mi sa che passo.

Forse.

(Magari qualche altro albo lo prendo, và).

...

(Ma solo qualcuno, eh).

Teagan White


Originaria diChicago, Teagan Whiteèun'illustratrice freelance che vive e lavora in Minnesota, specializzata inintricatidisegni zeppi diflora e fauna.Una dolcenaturaselvaggia, la sua, che ritrae con colorinostalgici, arzigogoli decorativi diforme organicheemeticolosi dettagli.
Tra i suoi clienti: Penguin,Random House, Simon &Schuster, Disney, Nike, Honda, Ford, Wired MagazineeWashington Post, conprogetti che vannodalla pubblicitàailibri per bambini, dai biglietti di auguri alla realizzazione di trame per tessuti.Tutti i suoi lavori sono visibili sul sul sito webe sul suo tumblr.

I Monografici: Dago #1

E quindi alla Ristampa, alla Nuova Ristampa, all'inedito mensile (Nuovi Fumetti Presenta), alla Collezione TuttoColore, agli sporadici cartonati di grande formato e alla presenza settimanale fissa sulle pagine di Lanciostory, si aggiunge ora una nuova testata, I Monografici: Dago.
Con questa, in pratica , Dagoè presente in edicola più di Tex o Diabolik. Un vero e proprio record, direi, visto che comunque il giannizzero nero, non ha mai fatto gli stessi numeri dei suoi colleghi a fumetti. Sicuramente un "pelino" sovraesposto, quindi, nonostante rimanga a tutti gli effetti uno dei personaggi più affascinanti del panorama "nostrano".


Bisogna ammettere, forse, che questa era l'unica iniziativa che allo stato attuale mancasse ai fan di Dago o che avesse davvero un senso di essere ristampata. Si tratta infatti delle storie mensili fuori dalla serrata cronologia principale, stampate e commissionate per la prima volta in Italia proprio dall'Euraoltre vent'anni fa, nel 1995, ai suoi autori originali.
La serie nasce quindi con le storie scritte dallo stesso Robin Wood, mentre al tavolo da disegno torna Alberto Salinas, aiutato però da Carlos Pedrazzini (in un sodalizio che, in parte giustamente, verrà mal digerito dai fan).

E per quanto l'imperativo fosse quello di procedere solo parallelamente alla continuity principale, Wood ne approfitta sin dal primo episodio, intitolato Ritorno a Venezia, e parte col botto riportando il buon Dago nella sua città nataleper la prima volta dopo lo sterminio della sua famiglia, gli anni da schiavo e quelli al servizio di Barbarossa. Non per propositi di vendetta, comunque, ma perché adescato da chi lo voleva morto in passato.
Nel secondo, invece, Il Giannizzero e l'Oro, Dago lascia Barbarossa alla sua guerra e parte per le poco conosciute terre dell'est sospinto dal suo animo viandante. Sul suo cammino arriveranno presto una ciurma di pirati capitanati da una donna spietata (che tortura il proprio marito giacendo con altri uomini) e una guerra che non appartiene a nessuno di loro. Almeno fino a quando non vengono tutti ufficialmente reclutati con abbondante moneta sonante.


Purtroppo è inutile girarci intorno. Fin quando se ne sono appuntooccupati Wood e Salinas (e fino all'arrivo di Carlos Gomez o Gerardo Canelo), la serie è riuscita a regalare ai lettori piccoli e godibilissimi gioiellini proprio come questi primi due episodi. E così sarà per un po' di tempo. Ma quando penna e calamaio passarono all'epoca in altre mani (se non sbaglio già all'inizio degli anni '00), la qualità crollò a ritmi vertiginosi e ancora oggi, tra testi e disegni, le storie inedite sono tanto appetibili quanto un vecchio numero di Elton Cop (permettimi, ti prego, questa giocosa esasperazione).

Inutile dire che l'Aurea mette insieme questo primo albo senza uno straccio di nota o di introduzione e senza nemmeno pubblicizzare troppo l'iniziativa (se non con la classica paginetta sulle proprie pubblicazioni o sottolineando la data di uscita sulla pagina facebook). Prova ne è che per mostrarti qualcosina del suo interno, ho dovuto fotografarle col cellulare.




Valori aggiunti dell'edizione sono il colore (se per te lo è davvero) che quiè dato meno peggio della media dell'Aurea, il rapporto qualità/prezzo (6 euro e 90 per 200 pagine a colori) e quelle meravigliose copertine di Massimo Carnevale che questa volta l'editore ha avuto il buon gusto di non chiudere in riquadri come suo solito. Anche se tra le solite cose inspiegabili c'è un improvvisa saturazione dei colori (che manco i botti della notte di capodanno, guarda) che imbruttisce l'illustrazione rispetto a quella originale, più fine e delicata.

In conclusione: nonostante tutto, o proprio per i buoni motivi sopra elencati, i Monografici di Dagosarebbero da prendere e leggere senza starci troppo a pensare. Almeno per i primi 10/15 volumi, intendo.

Riflessione a latere: in un'epoca in cui i lettori di fumetti chiedono la via più veloce ed economica per finire le proprie collezioni, mi chiedo però quanto sarebbe stato più bello e saggio mettere a punto un'edizione unica delle storie di Dago, invece che distribuirlo in mille edizioni diverse. Magari, in quanto a foliazione e prezzo,sarebbe andata bene anche una cosatipo la Ristampa TuttoColore (che tirando le somme è una delle collane migliori che abbia sfornato l'editore romano da decenni a questa parte) e improntare poi lo stesso format anche per i monografici, in modo da permettere agli appassionati del personaggio di avere finalmente a scaffale una pertinentissima collezione definitiva.E invece niente.Ma in effetti questo, come si suol dire, è cercare il pelo nell'uovo. 

#Star Trek 50th Anniversary: "The Wrath of the Khan" in doppio vinile


Fervono i preparativi e si moltiplicano a vista d'occhio le iniziative dedicate al prossimo 50° Anniversario di Star Trek, immortale saga televisiva creata da Gene Roddenberry, suo personale contributo alla fantascienza televisiva e alla cultura popolare americana (e non solo), andata in onda per la prima volta negli Stati Uniti l'8 settembre del 1966.

Una delle idee più particolari, per ora, sembra averla tirata fuori il sito Mondo, producendo un doppio disco in vinile con la versione estesa della colonna sonora strumentale del secondo film della serie, l'indimenticabile Star Trek II: The Wrath of Khan, firmata dal compositore James Horner che all'epoca del film, nel 1982, aveva solo 29 anni.
Nel caso tu non lo sapessi, Horner è stato un vero e proprio veterano con all'attivo una mole davvero considerevole di lavori realizzati per Hollywood (quila lista su Wikipedia), di sicuro, però, quella realizzata per questo film è una delle soundtrack più potenti e incisive del suo repertorio (se ti interessa, puoi ascoltarla tutta qui su Youtube).


La particolarità di questo oggetto sta nella meravigliosa reinterpretazione grafica operata dal bravissimo illustratore inglese Matt Taylor, nei due vinile da 180 grammi sovrastampati (con un effetto sfumatura nominato "Mutara Nebula")e nelle note di copertina di Devin Faraci, editor-in-chief del sito Birth Movies Death. Il tutto te lo porti a casa comprandolo da quicon 35 dollari (circa 32 euro), prezzo tutt'altro che esoso, tenendo conto del fatto che di solito pezzi commemorativi di questo tipo hanno costi ben diversi.

E adesso andiamo avanti. Che da qui a settembre, di cose meravigliose come questa me ne aspetto parecchie.




Hellnoir

L'idea delle miniserie nel classico formato bonelliano ma suddivise in più albi si sta rivelando interessante anche sul lungo termine. E' l'unico modo per godere di storie ad ampio respiro a metà strada tra i Romanzi Bonelli di grande foliazione e le miniserie vere e proprie da dodici e passa numeri.
Dopo la buona prova di Manfredi, Barbati e Ramella su Coney Island e l'esotico Tropical Blues di Mignacco e Foderà, ad intrattenere il pubblico pagante è toccato a Pasquale Ruju e Giovanni Freghieri con la miniserie in quattro parti Hellnoir.


Inutile girarci troppo attorno. Come si evince anche dai suoi lavori passati, Rujuè un grande amante dell'hard boiled e con Hellnoir gli rende omaggio intessendo una trama solida e abbastanza "spassosa". Gli stilemi, i vezzi e i cliché del genere ci sono tutti (forse anche troppi), dalla città sudicia e criminosa, al granitico protagonista tutto d'un pezzo, dalle didascalie in prima persona alla femme fatale moglie del boss intoccabile. Ma proprio per questo bastava davvero poco per mandare tutto in vacca. Invece Ruju sembra essersi divertito a confezionare il proprio viscerale tributo ad un genere (quasi) intramontabile, spennellando il tutto con tinte horror e grottesche.
In fondo Hellnoirè una città di morti.

La trama?
C'è una città, da qualche parte, fra il nostro mondo e l'altro. Una metropoli oscura, sterminata, tentacolare. Hellnoir è il suo nome. Vi finiscono tutti coloro che hanno avuto una morte violenta, e la loro seconda vita, laggiù, è quasi sempre più dolorosa e crudele della prima. Perché a Hellnoir devi seguire certe regole, se vuoi sopravvivere. Melvin Soul, detective, le conosce tutte. La morte per lui non ha segreti. E quell'inferno, l'inferno di Hellnoir, lui lo chiama "casa".
In pratica, dopo la sua dipartita per mano di un misterioso assassino, Melvin Soul, detective in vita e in morte, è "approdato" a Hellnoir, città violenta che secoli prima era l'inferno propriamente detto, quello dantesco. A vigilare (male) sul tutto, la dinastia infernale dei daem, sorta di guardiani corrotti e crudeli al servizio delle alte sfere.
Tra i due mondi, però, rimane aperto uno spiraglio grazie al quale Melvin riesce ancora a comunicare con sua figlia, ispettrice di polizia, ed aiutarla in un caso spinoso che potrebbe costarle la carriera.

Per quanto riguarda i disegni, Freghieri mette insieme la bellezza di quasi 400 tavole con il suo solito stile elegante, questa volta venato da necessarie sfumature, dove il bianco e nero netto viene sporcato da pochi tratteggi, forse necessari o forse no. C'è da dire che il lavoro del disegnatore piacentinoè notevole, anche se questa cosa di sottolineare a più riprese che non si è ispirato a "terzi" ma piuttosto ai propri inizi, perde un po' il tempo che trova.


Freghieri può anche essere tornato alle origini per l'occasione (è disegnatore assai versatile e la cosa può essergli riuscita anche facile), ma oggi come oggi, abbinare un certo stile di disegno (il suo) ad un certo tipo di storia (hard boiled), riporta immancabilmente ad unaltro titolo più noto (Sin City) e a allo stile di quell'altro disegnatore più noto (Frank Miller). Questo non per sminuire il lavoro di Freghieri che, anzi, dona una bella prova sfoggiando unavariazione più che pertinente.

Lettura interessante.

P.S.: Dispiace apprendere che tra una miniserie e l'altra passerà più di un mese. La prossima in sei parti, intitolata UT, opera di Paola Barbato ai testi e di Corrado Roi ai disegni, sarà in edicola (e, piccola novità, allo stesso tempo anche in fumetteria) non prima di aprile. 

187mila immagini, secolo per secolo.


Come riporta il sito di Internazionale in questo articolo, Il 6 gennaio 2016 la New York Public Library ha annunciato una grande novità: "chiunque potrà scaricare dal sito, in alta risoluzione, fotografie, cartoline, manoscritti, mappe e altri materiali di pubblico dominio da un archivio digitale di oltre 187mila immagini".Si tratta di un patrimonio culturale inestimabile rivolto a ricercatori e studiosi ma anche (per nostra fortuna) agli utenti casuali. Ben Vershbow, il responsabile che si è occupato dell'iniziativa, ha spiegato:
“Per noi la digitalizzazione è un punto di partenza, non un punto di arrivo. Non ci limitiamo a mettere il materiale on line. Vogliamo incoraggiarne l’uso.”

Il Segreto dell'Espadon


Ho letto e digerito bene i primi quattro numeri degli albi della Gazzetta dedicati a Blake e Mortimer. Ma...

Leggendo in particolare gli episodiL'Incredibile Inseguimento, L'Evasione di Mortimer e SX 1 al Contrattacco, capitoli che compongono la storia Il Segreto dell'Espadon, purtroppo hanno preso forza i miei dubbi iniziali circa un certo modo di narrare, quello di E. P. Jacobs, dettato soprattutto dal periodo nel quale è stata concepita la storia. E non ha aiutato, in questo senso, mettere per primo Il Bastone di Plutarco di Yves Sente e André Juillard, che invece appare una lettura nettamente più asciutta, nonostante i due autori abbiano fedelmente ricalcato il cammino di Jacobs.

Per quanto siano ottimi i tempi narrativi e buona la prosa, nella prima storia che ha visto protagonisti Blake e Mortimer capita spesso di imbattersi in tempi dilatati, didascalie verbose al limite del sopportabile e descrizioni ridondanti su più livelli.


Qualcuno potrebbe obiettare dicendo che è normale, trattandosi di un titolo pubblicato per la prima volta nel 1946, e che proprio rispetto a quegli anni IlSegreto dell'Espadonè invece da considerarsi come un fiore all'occhiello. 
Ed è vero, perché la storia di Jacobsè in effetti avanti anni luce rispetto agli standard dell'epoca, anche se c'è da dire che sulla stessa rivista sulla quale è serializzato,Tintin, le avventure della creatura di Hergé riescono ad essere molto più dirette e con meno fronzoli, per quanto nettamente meno realistiche di quelle di Blake e Mortimer.
Da un articolo nei contenuti extra in coda ad uno dei volumi, si apprende inoltre che Jacobs rilavoanni dopo alle prime venti tavole ridisegnandole da zero, perché all'epoca non era soddisfatto della resa delle prime pagine che realizzò quando era travolto dal lavoro per la rivista e per le quali chiese aiuto all'amico e collegaJacques Van Melkebeke.
Questa cosa aumenta un certo senso di straniamento anche dal punto di vista grafico, in quanto la splendida ripresa di Jacobs su quelle prime 20 tavole (in un periodo in cui il suo tratto era pienamente maturo) è talmente superbo da far stonare tutte le altre tavole a seguire che semplicemente sembrano realizzate invece da qualcun altro.

Fortunatamente, però, nella terza e ultima parte de Il Segreto dell'Espadon, sembrano rientrare sia il "gap" grafico che quello narrativo (le didascalie verbose e ridondanti restano, ma ogni pezzo trova la sua degna collocazione).


A parlarne così, sembra che Il Segreto dell'Espadon sia una lettura poco interessante. E invece, non so come,è assolutamente vero il contrario. C'è da dire che Jacobs riesce infatti a farti appassionare, nonostante le troppe "chiacchiere", ad una delle storie di più ampio respiro che siano mai state scritte e concepite per il fumetto franco belga. Perché così è, semplicemente.
Una vicenda che se da un lato approfondisce appena quanto basta la psicologia dei vari personaggi in scena, dall'altra invece è ricchissima di avvenimenti: spionaggio, tradimenti, duelli aerei, fughe nel deserto, servizi segreti, scienza, vita militare.

Storie di guerra ce n'erano già state, all'epoca, ma mai con una trama tanto fitta e lavorata. E l'apporto "fantastico" qualcosina fa, anche se a dire il vero dalla deriva di genere Jacobstira fuori solo il lato ucronico di tutta la vicenda (l'Impero "Giallo", al posto dei nazisti, che riesce a mettere a ferro e fuoco le grandi città del mondo) o la misteriosa arma definitiva chiamata Espadon.
"In oriente, in un'epoca imprecisata, il temibile Impero Giallo conduce una politica aggressiva verso le principali potenze mondiali. In Inghilterra, nella fabbrica di Scaw Fell, il professor Philip Mortimer e il capitano Francis Blake stanno lavorando al progetto di un'arma segreta innovativa e straordinaria chiamata "Espadon". Mentre i "gialli" bombardano le principali capitali del mondo, il colonnello Olrik vuole impadronirsi dell'Espadon per metterlo al servizio dell'Impero. Scatta una caccia all'uomo che porterà Blake e Mortimer a vagare per tutto il medio-oriente fino a Karachi (nel Pakistan), prima di poter raggiungere una nuova base segreta britannica per portare a termine la costruzione dell'Espadon."

L'imprimatur definitivo del successo della serielo apponeJean Van Hammequando in una vecchia intervista (riportata nei contenuti extra) sostiene che da bambino, insieme a tutti i suoi compagni di scuola, non vedeva l'ora che uscisse il nuovo numero di Tintin per poter leggere il seguito de Il Segreto dell'Espadon. Addirittura pregava in ginocchio uno dei suoi professori, che all'epoca lavorava anche come impaginatore per la rivista in questione, di svelare a tutta la classe come si sarebbe risolto il cliffhanger alla fine dell'episodio precedente (ma quel professore, racconta Van Hamme, non ha mai ceduto).

E la cosa sembra dare una risposta al perché la Francia ha una tradizione a fumetti molto più profonda e radicata di quella di altri paesi. Mentre i ragazzini americani cominciavano a lustrarsi gli occhi con i supereroi e quelli italiani avevano già in testa l'idea di un eroe western dalla pistola facile, i giovani francesi venivano educati a sognare invece tra le pagine di un fumetto realistico tra guerra, politica e fantastico e con due protagonisti di carta che, almeno all'apparenza, rientravano nell'ordinario.
Naturalmente non ho nulla contro i supereroi o i cowboy, anzi, ma se ci pensi è una cosa parecchio interessante. Non dico che le storie di Blake e Mortimer siano una lettura ostica, ma se un ragazzino di oggi riuscisse a provare interesse per un titolo del genere, ci sarebbe di che meravigliarsi.

Romance & Cigarettes


Romance & Cigarettesè una meravigliosa pellicola romantica del 2005. Un film intimista ma anche un musical, contraddistinto da un cast corale di tutto rispetto, da una bellissima colonna sonora e da una poetica visionaria e personalissima.

Prodotto dai fratelli Coen e girato da John Turturro (opera terza come regista dopo le belle prove date con Mac, 1992, e Illuminata, 1998), il film conta appunto una schiera di prestigiosi interpreti: James Gandolfini, Susan Sarandon, Kate Winslet, Steve Buscemi, Christopher Walken, Mary-Louise Parker, Mandy Moore, Aida Turturro.
"Nick, un operaio di New York, è sposato con Kitty, madre delle sue tre figlie, ma ha anche una relazione con Tula, una ragazza giovane e affascinante di cui non riesce a fare a meno.
Un giorno Kitty scopre l'infedeltà di Nick, mentre nello stesso periodo Tula gli chiede di fare una scelta tra lei e la moglie. La scelta è tra il tradimento e la redenzione, ma Nick capisce anche di dover riconquistare sua moglie se non vuole che le sue ultime possibilità vadano in fumo."

Turturro, autore anche di soggetto e sceneggiatura, scrive e dirige il tutto in modo istrionico, corrodendo le tensioni familiari, tra insuccessi e infedeltà, con un'ironia bella e pulita e con prove "autoriali" su un certo tipo di riprese. Il tutto con un'interpretazione parecchio sensibile, sia nelle scene serrate di dialogo sia, al contrario, nei momenti più lenti e silenziosi.


La redenzione in amore è un piatto freddo, ma tutto lascia il campo a fattori molto più grandi di noi che prendono prepotentemente la scena.Purtroppo il dramma, se c'è, è dietro l'angolo. Le avvisaglie ci sono tutte sin dall'inizio.Il tutto è condito con una struggente variante onirica, tra l'appello subacqueo di una Winsletdal cuore spaccato, all'assurdo balletto con poliziotti e pompieri.

La colonna sonora è un gioiello di raro calore: si va dalla Delilah di Tom Jones alla Take Another Little Piece of my Heart di Dusty Springfield, dalla Red Headed Woman cantata da Bruce Springsteen alla Prisoner of love di Cyndi Lauper. Ma poi anche Gene Ammons, Connie Francis, Ute Lemper, Buena Vista Social Club e James Brown. 

 

Romance &Cigarettes non si assume nessuna responsabilità e non vuole restituire una morale, così come non ti dà la possibilità direalizzare davvero il senso di perdita. Il film è una scheggia veloce e fugace, una riflessione lapidaria e pacata sui rapporti e sulle persone.
Ed è anche una buona occasione, infine, per rivedere su schermo il compianto James Gandolfini, qui impacciato e laconico, che regala una delle sue belle performance dal sapore nostalgico.

Hypergraphia: The Writings of David Sylvian


Il signorino qui sopra si chiama David Alan Batt. Al secolo è più noto come David Sylvian. Dai brillanti inizi con i Japan alla sua carriera come solista e alle successive collaborazioni conHolger Czukay o Robert Fripp (fondatore e front man dei King Crimson), Sylvian ha costellato la propria carriera di tanti grandi successi ma anche di piccoli percorsi dedicati ad un pubblico più selezionato che lo hanno portato a fondare, nel 2003, una propria etichetta indipendente, la Samadhisound.
Da allora sono nati lavori ricercatissimi con una forte identità (anche grafica) con la collaborazione di gente del calibro di Steve Jansen (fratello di Sylvian e co-fondatore dei Japan), i pianisti Harold Budd e Ryuichi Sakamoto, i musicisti svedesi Arve Henriksen e Stina Nordenstam, il compositore Akira Rabelais e tanti altri.

Nonostanze le sue esperienze e l'innegabile originalità che ha contraddistinto il suo modo di cercare strade alternative, il più grande merito di David Sylvian rimane in ogni caso quello di essere tra i cinque o sei personaggi che mi hanno cresciuto musicalmente in un periodo molto delicato e hanno cambiato, in prospettiva, il mio modo di ascoltare la musica.


Ma questa è un'altra storia che prima o poi ti racconterò. Qui volevo solo segnalarti che la Samadhisound ha dato alle stampe il librone Hypergraphia: The Writings of David Sylvian 1980-2014, un volume cartonato tutto a colori da 638 pagine (formato 15x22,5cm) che raccoglie in modo organico e completo liriche, parole e poesie del cantautore inglese e che coprono la bellezza di35anni dicarriera. Curato dal designer Chris Bigg, il libro è corredato da foto storiche e dauna squisita collezionedi opere d'arterealizzate dallo stesso Sylvian e da raffinati e gettonatissimi illustratori, visualizer e fotografi come AtsushiFukui, Anton Corbijn, KatharinaGrosse, Tacita DeaneKristamasKlousch.



Ogni sezioneha un approccioesteticodiversoin base agli anni dilavorodi Sylvian. E a proposito del progetto, Chris Bigg ricorda:
"Ho trascorsomoltimesi a studiaretuttele opere d'artedi David, cercando di trovare il giusto modo per mettere tutto insieme. Come designer penso sempreche il miocompito sia quello didare un senso alle cose, mavolevo dare anche al libro un'atmosfera di libertà,quasi si trattasse di un album da disegno. Uno stato d'animo che ricordasse un caos controllato."
Tiratura del libro: 3000 copie, di cui 50 in "signed edition" (già sold-out) e 2,500 in "regular edition" (prezzo: 65 sterline, corrispondenti più o meno a 95 euro). Se ti interessa, si acquista qui.


Le Memorie di Sherlock Holmes


E dopo "Le Avventure..."è toccato a Le Memorie di Sherlock Holmes, seconda raccolta di racconti, 11 per la precisione, scritti da sir Arthur Conan Doyle, pubblicati originariamente sullo Strand Magazine e raccolti in volume per la prima volta nel 1894.

I fan riconoscono questa comeuna delle raccolte più memorabili dell'intero canone sherlockiano, e non a torto, in quanto al suo interno accadono, o sono specificati, fatti di un certo interesse per gli appassionati del detective più noto del mondo. Insomma, per quanto mi riguarda, se già Le Avventure di Sherlock Holmes si era rivelata una bella e stimolante lettura, con Le Memoriesi va anche oltre.

Gli 11 racconti in questione riescono, chi più chi meno, ad accrescere il lato psicologico dei protagonisti principalie riservano più di qualche sorpresa. A partire ad esempio da La Faccia GiallaoIl Cerimoniale dei Musgrave che mettono sotto la luce dei riflettori un Holmesincerto, non sempre perfetto nelle sue deduzioni, quindi, che vede le soluzioni dei casi rivelarsi senza il suo diretto contributo. In chiusura deLa Faccia Gialla, il buon dottor Watson si sentirà addirittura dire:
"Se mai lei dovesse accorgersi che ripongo un po' troppa fiducia nelle mie capacità o che mi dedico a un caso con meno impegno di quanto merita, per favore, mi sussurri all'orecchio "Norbury", e gliene sarò infinitamente grato."
Sempre neIl Cermoniale dei Musgrave, ma anche neIl Mistero della Gloria Scott, siamo invece spettatori di ungiovane Sherlock Holmes alle prime armiche risolve casi collegati alle sue vecchie compagnie scolastiche (attraverso i racconti che lo stesso protagonista riporta aWatson, in modo che vengano trascritti assieme agli altri).


L'Avventura dell'Interprete Grecoè di una certa rilevanza "storica", in quanto fa la sua prima apparizione (al famoso Diogenes Club) il fratello maggiore di Sherlock, Mycroft Holmes, che ricopre un'importante ma non meglio precisata carica all'interno del governo britannico e "in possesso di capacità deduttive persino maggiori di quelle del fratello, anche se incapace di verificarle a causa della sua pigrizia".
Da sottolineare ancora il racconto Il Trattato Navale, dove Conan Doyle mette a punto un giallo perfetto creando uno standard che da quel momento, e per parecchi anni, farà la fortuna di un intero genere narrativo.

La vera pietra miliare della raccolta, però, è il racconto intitolato L'Ultima Avventura. Si tratta infatti dello storico episodio che vede la "fine" di Sherlock Holmes alle pendici delle celebri cascate di Reichenbach in Svizzera.
Sono stato preso alla sprovvista dall'episodio, perché basandomi sui miei ricordi di gioventù ero fermamente convinto che l'uscita di scena del detective avvenisse alla fine del quarto romanzo o giù di lì, mentre invece accade già qui, più o meno a metà della produzione sherlockiana.
Come tutti sanno, Doyle volle togliere di mezzo il suo più apprezzato personaggio letterario perché si sentiva "incatenato" alle sue gesta e perché voleva dedicarsi ad altro (in primis alla sua passione per la scrittura di testi medici). Di lì a poco, fan ed editore invocarono a gran voce il ritorno del detective e Doyle fu costretto, suo malgrado, a riportarlo in scena(non di soli testi di medicina si campa, insomma). 


Perché è importante L'Ultima Avventura? Principalemente perché compare per la prima e unica volta il noto criminaleMoriarty (in due racconti successivi sarebbe stato solo menzionatoda Holmes). Insomma, il mito del grande antagonista, una delle più note figure criminali della letteratura che ha beneficiato nel corso degli anni di mille interpretazioni, tra teatro prima e cinema e tv dopo, nasce e muore qui in 20 pagine appena ed è protagonista di un soloincredibile faccia a faccia con Sherlock Holmes (momento che solo Guy Ritchie ha ripreso quasi alla lettera, a parte le origini del personaggio, nel bel confronto in Sherlock Holmes - Gioco di Ombre).

In definitiva, Le Memorie di Sherlock Holmesè un'ottima raccolta di racconti, tutti scritti con diligente estro ed elegante cipiglio da unConan Doyle che anche se non è di certo rimasto negli annali per via della sua prosa, riesce a tenerti con la testa bassa sui suoi scritti. Merito, questo, diuna meravigliosa galleria di personaggi e di uno stile asciuttissimo che forse è molto più apprezzato oggi, rispetto ai suoi tempi.

Doctor Who, stagione 4 (e finalmente ci siamo)


Se già nella terza stagione tutto prende forza e sostanza, questa quarta consacra definitivamente il Doctor Who come una serie sci-fi tra le più ricche di spunti di riflessione, integrando la variegata mitologia aliena, ampliando gli orizzonti oltre i quali si era collocata fino a questo momento e donando spessore e sfumature ai tanti personaggi in campo.

La spalla del Dottore cambia ancora. Dopo Martha Jones, arriva sul TardisDonna Noble (già incontrata nello speciale natalizio della terza stagione intitolato "La Sposa Perfetta"). Donna, interpretata dall'attrice Catherine Tate, all'apparenza sembra una sciatta impiegata senza un perché, ma saprà rapidamente ritagliarsi un ruolo di tutto rispetto con il passare degli episodi, per arrivare ad un finale in primissima linea.

Qui di episodi brutti o particolarmente noiosi non ce ne sono, a parte uno un po' troppo assurdo e poverello (ep. 01, Adipose Industries, dove viene distribuito un farmaco mortale per dimagrire e le cui vittime si dissolvono per lasciare spazio a delle creaturine"adipose").
Per il resto si veleggia allegramente da quelli interessanti a quelli notevoli, tenendo anche conto del fatto che parliamo della stagione più lunga di tutte. Oltre ai canonici tredici episodi, infatti, tra natalizi, pasquali e speciali vari, se ne aggiungono altri sei e si arriva a diciannove, cifra tonda.

Si parte subito bene con Il Viaggio dei Dannati, episodio speciale che dà inizio alla serie, dove il Tardis si scontra con un'astronave da crociera chiamata "Titanic". Una volta a bordo si scopre che ilmastodonte spaziale non è destinato ad metevacanziere. Episodio bello o brutto non importa, perché tra i protagonisti compare la cameriera Astrid Peth, interpretata (nientemeno) da Kylie Minogue. E tanto basta.

Nientemeno, si. Quindi guardare e restare muti. L'episodio, anche volendo, non si discute.

In Le Fiamme di Pompei (ep. 02),il Tardis atterra a Pompei nel 79 d.C., il giorno prima dell'eruzione del Vesuvio. Una misteriosa setta di Sibille e un'antica profezia metteranno alla prova il Dottore e Donna che dovranno decidere se intervenire sulla linea temporale per salvare migliaia di persone dalla nota catastrofe. Episodio tanto apprezzato dai fan (nella tradizione di quelli in costume) e accompagnato da una nota curiosa: il cittadino Cecilius,co-protagonista importante nella storia, è interpretato dall'attore inglese Peter Capaldi che oggi veste i panni del dodicesimo Dottore.

Un inglese a Roma:Peter Capaldi nei panni del cittadino Cecilius.

Ne La Canzone degli Ood (ep. 03) torna la razza aliena pacifica e obbediente già comparsa nella seconda stagione e che acquisirà sempre più rilevanza con il passare degli episodi. Qui gli Ood, però, per via di uno strano contagio, tanto pacifici non sembrano. A farne le spese sono i lavoratori di una compagnia mineraria su un pianeta ghiacciato e, ovviamente, il Dottore.

Nel doppio episodio Lo Stratagemma di Sontaran e Il Cielo Avvelenato (ep. 4-5) fanno ritorno i Sontaran (che aveva debuttato in una delle vecchie stagioninegli anni '70), una razza guerriera che ha intenzione di avvelenare il pianeta terra attraverso la fittizia industria Atmos che produce quelli che sembrano dei sistemi per auto a bassa emissione di CO2.

I protagonisti con unSontaran testa di patata.

Ne La Figlia del Dottore["ma il Dottore di ammalò..." n.d.r.] (ep. 6) i nostri eroi arrivano sul pianeta Messalina nel mezzo di una guerra tra la razza umana e quella anfibia degli Hath. Usanza comune, da quelle parti, è prelevare un campione di DNA dai nuovi arrivati e creare dei cloni da impiegarein prima linea come soldati. Dal DNA del Dottore"nasce"Jenny... 

["Ambarabà, ciccì, coccò..."] ed ecco Jenny, la figlia clonata del Dottore.

In Un Caso per Agatha Christie (ep. 7), il Tardis atterra nel 1926 presso una nobile tenuta in Inghilterra, il giorno prima della misteriosa scomparsa della nota scrittrice. La Christie, nel suo ultimo giorno, si chiede perché una serie di omicidi sembrano essere stati compiuti seguendo i soggetti dei suoi racconti. Va da sé che di mezzo c'è una razza aliena "vespiforme".

Da qui e per qualche episodio a seguire, sfioriamo il genio.Nel meraviglioso doppio episodioLe Ombre Assassine e Frammenti di Memoria (ep. 08-09) il Dottore e Donnasbarcano nel 51° secolo presso un pianeta che ospita solo un'immensa biblioteca e dove tutti gli abitanti sembrano essere scomparsi nel nulla. Ogni ombra sembra celare una minaccia. Letteralmente.

Inquietantissime presenzenel doppio episodio di cui sopra.

L'episodio in questione è di una certa rilevanza perché oltre ad essere parecchio interessante, per la prima volta in assoluto presenta ai fan uno dei personaggi più amati della serie, l'esploratrice archeologa River Song (che da qui in poi tornerà spessoa calcare le scene).
River sembra conoscere molto bene il Dottore e i suoi segreti più intimi, mentre quest'ultimo non sa nemmeno chi sia.

Eccola qui, River Song (che c'ha pure un'agendina segreta a forma di Tardis, c'ha).

Midnight (ep. 10) è un episodio un po' più "intimista". Dopo i mille avvenimenti e l'incontro con River Song, il Dottore decide di concedersi un viaggio solitario di puro relax. Naturalmente non tutto può filare liscio e l'astronave sulla quale è imbarcato si "arena" nel mezzo del percorso in una terra sconosciuta dove una sinistra entità prende possesso di uno dei viaggiatori e mette in seria difficoltà il Dottore.

La stagione "ufficiale" si chiude praticamente con il botto con un il tris di episodi Gira a Sinistra, La Terra Rubata e La Fine del Viaggio (ep. 11-12-13). Tutti i nodi di questa stagione vengono al pettinecon il riassembramento del cast al gran completo. Un unico puntatone corale, insomma, dove tornano tutti insieme anche i personaggi che non comparivano da un po':Rose Tyler,Jack Harkness e i ragazzi dell'Istituto Torchwood, Martha Jones, Sarah Jane Smith, Mickey e Jackie Tyler.

Eccoli tutti (o quasi) qui, in una bella foto ricordo.

Accade che di ritorno a casa, il Dottore e Donnasi ritrovano in una Inghilterra caduta sotto lo stato di Polizia dove la paura del diverso ha dato il via a scenari che richiamano la seconda Grande Guerra. E come se non bastasse la Terra scompare e il Dottoresi mette sulle sue tracce chiedendo aiuto al Proclama Ombra (organizzazione di intelligence spaziale)scoprendo che il nostroè solo uno dei 27 pianeti scomparsi di recente.

Insomma. Da vedere ce n'è. E forse questo trittico raccoglie gli episodi con i picchi di tensione più alti dell'intera serie.

Baciamo le mani a tutti, che adesso si riparte da soli, via, verso gli episodi speciali.

Brevemente, tra gli episodi "speciali" a seguire ci sono Un altro Dottore (ep. 14) dove nella Londra natalizia del 1951, il Dottore incontra un uomo che afferma di essere il Dottore di quell'epoca (e di mezzo mettici i Cybermen).
Ne Il Pianeta dei Morti (ep. 15) un bus londinese con a bordo il Dottore e Christina (una ladra in fuga dopo un rocambolesco furto) attraversa una porta dimensionale per arrivare sul pianeta desertico Helios del San.
In L'Acqua di Marte (ep. 16), il Tardis atterra sul pianeta rosso del futuro, nel giorno della morte dei membri della prima colonia terrestre nello spazio. Nello stesso giorno scoprono infatti che l'acqua ritrovata su Marte ha la proprietà di trasformare in mostri tutti quelli che ne vengono in contatto.

Il Dottore e la bella "mariuola"Christina in posa nel mezzo del deserto.

Tutto si chiude infine con il doppio episodio La Fine del Tempo (ep. 17-18) dove la spalla del Dottore, Donna, sarà tra i grandi protagonisti. Gli Ood hanno da tempo annunciato la fine del Dottore e tutto sembra convergere in questi giorni, dove tornano vecchie nemesi credute estinte, dai Dalek al Maestro (grande antagonista alla fine della stagione precedente). Ma soprattutto tornano i Signori del Tempo al gran completo guidati da Rassilon, interpretato a sorpresa da un noto attore hollywoodiano con trascorsi zerozerosetti.

Il Dottore con una pistola??? Si, succede anche questo su "rieduchéscional ciànnel".

Finalino di coda al cardiopalma, insomma, destinato a lasciare parecchi strascichi. Con sommo rammarico, infatti, se da un lato questa quarta stagioneha segnato  un notevolissimo e ragguardevole passaggio all'età matura della serie, dall'altra verrà ricordata soprattutto dal triste addio della decima incarnazione del Dottore, interpretata da un bravissimo, istrionico e divertente David Tennant.

Dico davvero, eh. Come fa a non mancarti uno così?...

...che è anche così.

L'impressione, infatti, è che difficilmente possa essere sostituita l'ironia spiccata e divertita di Tennant. Nel momento in cui scrivo ho già visto qualche episodio della quinta stagione interpretata da Matt Smith. Smith sembra a suo agio sin da subito, ed è anche un buon caratterista, ma semplicemente è un altro Dottore (grazie a Dio arriva anche Amy Pond).

Nel caso ce ne fosse bisogno, ripeto ancora una volta che Doctor Whoè una serie sci-fi nell'accezione più pura del termine, ma ciò che la rende interessante è proprio il riuscire a distaccarsi da temi tesi e seriosi trattati da altre serie di genere come Battlestar Galactica, Stargate SG-1 o Enterprise.
Se chiedi a me, insomma, ti dico "Battlesta Galactica tutta la vita". Ma ogni tanto bisogna pur divertirsi. E se a questo aggiungi che stiamo parlando di una serie dove l'ultimo dei Signori del Tempo viaggia a bordo di un'astronave che è una cabina blu della polizia e se ne va a zonzo nello spazio e nel tempo come e quando vuole e con una sidekick sempre diversa, beh, capisci anche tu che le potenzialità sono pressoché infinite.

Gli Integrali BD: I.R.$. vol. 1


I.R.$.è una serie franco belga ideata dallo scrittoreStephen Desberg e disegnata dal cartoonist Bernard Vrancken. Il titolo parte nel 1999 e con la media di un albo all'anno, grazie anche ad un buon riscontronelle vendite,è arrivato al 17° episodio (attualmente in lavorazione e previsto per il 2016).
"L'Internal Revenue Service è l'agenzia esattoriale delle imposte del Governo Federale degli Stati Uniti. L'agente speciale Larry B. Max è assegnato alle indagini più sensibili. Scalate aziendali, petrolio, corruzione... Larry ha carta bianca. Ed è sempre in prima linea, in guerra contro l'economia sommersa e le frodi criminali."
Nel corso degli anni, la creatura di Desberg e Vracken raccoglie il consenso dei lettori, tanto che aI.R.$. si aggiungono presto ben due spin-off: dal 2009, e per sette volumi fino ad oggi, I.R.$ All Watcher si concentra su alcuni personaggi secondari visti nella serie principale, mentre nel 2013 nasceI.R.$. Team, ben quattro volumi in due anni, dove Larry Max divide la scena con i suoi colleghi dell'agenzia (anche queste due scritte da Desberg, ma disegnate da vari autori).

Nel primo volume degli Integrali BD: I.R.$. che l'Aurea ha distribuito in edicola un paio di settimane fa, è pubblicato il dittico di episodi La Via Fiscale e La Strategia Hagen, dove Larry Max indaga sul milionarioebreo americano Moshe Geldhof, uno degli uomini più ricchi del paese, filantropo ed ebreo sopravvissuto al campo di sterminio di Auschwitz e noto per il suo impegno nella restituzionedei beni confiscatidai nazisti.
Partendo dalla contabilità di Geldhofperò, Larry si accorge di qualche punto oscuro nella "fortuna" del milionario che affonda le radicinegli affari illeciti della banca centrale svizzera alla fine della Seconda Guerra Mondiale (i fondi nazisti albergati negli istituti finanziari della Confederazione, la dubbia provenienza dell’oro tedesco che la Banca accettò di scambiare contro la propria valuta e i conti aperti dagli ebrei prima della guerra e incamerati poi dalle banche dopo la loro tragica scomparsa). 


In passato ho letto solo qualche episodio sporadico della serie, quando veniva serializzato sui settimanali dell'Aurea. E a dire il vero l'impressione generale era quella di vedere un patinato episodio qualsiasi di Law & Order o C.S.I., tutti ben scritti ma che alla fine lasciano poco. 
Ora devo ammettere, però, che la lettura di questi primi episodi nella loro interezzami è parsamolto più piacevole.

Stephen Desberg(Lo Scorpione, Cassio, Empire U.S.A.) scrive una buona storia dalla trama solida, dagli spunti storici interessanti e con un buon colpo di scena dietro l'angolo.
L'unica pecca è forse nella costruzionedel protagonista che già a partire dal nome appare ovattato da qualche cliché di troppo (bello, fisicamente perfetto, occhi di ghiaccio, scaltro, elegante e sciupafemmine... praticamente un manichino dell'Upim) e poco caratterizzato nel quotidiano, a parte una serie di misteriose telefonate a quella che sembra una donna di una linea erotica. A quanto ricordo, però, il protagonista verrà psicologicamente "sfumato" con il passare delle storie.


Bernard Vrancken (che a parte questa serie ha disegnato poco altro)ha un tratto gradevole dall'impianto classico, connotato chiaramente da riferimenti fotografici, ma all'inizio di questa avventuraappare acerbo e poco dinamico in alcune anatomie. E la cosa si nota giustamente proprio nelle scene più concitate. Anche il suo stile, però, sempre in base ai miei ricordi,dovrebbe migliorare con il tempo. 

In definitiva, quanno ce vò ce vò: l'Aurea distribuisce in edicola il primo degli Integrali BD promessi da tempo e lo fa anche bene.
Su questo volume, un corposo cartonato da 100 pagine a colori, nulla si può dire (a parte forse, come già detto altrove, una stampa dai colori un po' saturi rispetto a quelli originali).
Inoltre, se da una parte, come spesso accade, la serie non viene introdotta con nessun redazionale di sorta, dall'altra il volume si chiude con le note di una persona competente in materia, Elena Polidori, giornalista che per La Repubblica segue "i grandi fatti dell'economia interna e internazionale".


Insomma, visto il tipo di proposta, il prezzo (8,90 euro) è un vero e proprio fiore all'occhiello per l'editore romano che potrà andare avanti per almeno otto volumi mensili sfruttando un vantaggio non da poco. I cicli narrativi di I.R.$., infatti, si dividono tutti in due episodi. Ogni cartonato dell'Aurea, di conseguenza, raccoglierà una vera e propria miniseriea sé.
Questo per dire che sulla qualità e sulla bontà dell'operazione non si discute. Che la serie meriti o meno, questo lo deciderai tu leggendola.

P.S.: Vai avanti, Aurea, che se solo volessipotresti mettere a segno un bel po' di colpi come questo. Hai un tesoretto da paura alle spalle. Anche solo con le cose che hai pubblicato parecchi anni fa sugliEuramaster, vai avanti per anni (penso a Largo Winch, Alpha, Jeremiah, Pin-Up eI Mondi di Aldebaran).
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